La locanda, di Andrea Quadrani

Cos’è tutta questa confusione, mi chiedevo appoggiato a un tavolo della mia locanda. Oggi è già una giornata calda, ma c’è sempre qualcuno che s’industria per scaldarla di più. Dando un’occhiata fuori dall’osteria mi accorgevo infatti, che là fuori stava accadendo qualcosa d’interessante; lo notavo soprattutto perché la gente, anche i più ubriachi erano piuttosto vispi nonostante l’alcool e il caldo. La mia locanda era proprio nelle vicinanze dell’entrata del Tempio, detta ‘Bella’. Era un posto strategico importante: i meno fedeli prima di entrare nel Tempio passavano da me e spendevano i loro soldi in maniera giusta, piuttosto che darli a quei furbi dei sacerdoti. I più fedeli uscendo dopo la preghiera, entravano direttamente nel mio locale e brindavano al loro Dio. Dico ‘loro’ perché io non credo proprio che ci sia qualche dio né lassù, né quaggiù. Non credo neanche a questo nuovo Gesù appena ucciso e alle sue idee; d’altronde aveva compiuto dei miracoli e c’era molto popolo che lo seguiva. Poi appena ammazzato, si è visto dove è andata tutta la gente. Sono rimasti quei quattro pezzenti più fedeli e qualche donna.
Solo adesso la gente si sta un po’ muovendo spinta soprattutto dai problemi di ogni giorno a cercare un po’ di luce, a trovare qualcosa per cui valga veramente e non solo a parole, lottare e morire se necessario, al di là di ogni retorica. La gente che ogni giorno deve trovare la forza di tirare avanti, perché non ci sono solo i soldi, che sono certo importanti ma, non fondamentali; la gente in fondo anche se non se ne rende  conto, è stimolata dalle nuove idee positive; c’è bisogno solo di qualcuno che gliele dica. Ci pensino altri, io ho la mia locanda e per il momento basta.
Sto perdendo tempo e non mi curo dei miei clienti che sono sicuramente più importanti, anche lo storpio che chiede l’elemosina davanti alla porta del Tempio, gran parte dei soldi che tira su se li beve da me, e non sono pochi. I poveracci che sono vicini ai templi fanno su un sacco di soldi, che se chiedessero l’elemosina altrove, nessuno gli darebbe niente, forse vicino a certi posti si ha l’illusione di essere più buoni e si aprono i borselli.
Che cosa sta succedendo? Cos’è questa confusione? Adesso capisco, sono quei due seguaci di Gesù, Pietro e Giovanni che salgono a pregare al Tempio, mai che si fermino nel mio locale a bere. Potrebbe essere un’ottima pubblicità per me, e loro potrebbero bere del vino buono, non quelle schifezze che gli propinano quei pezzenti con cui si trovano. Speriamo almeno che qualcuno dal folto codazzo che li segue, si fermi da me. Perché si sono fermati? Perché non entrano? Stanno parlottando con lo storpio. Tanto non hanno un soldo, cosa vogliono dargli? Accidenti da qui non si vede niente, vado di sopra, insieme ai miei clienti a godermi la scena. Che fatica le scale… eccoli sono ancora là. Accidenti quanta gente! Dall’alto si vede sempre meglio ma, lo storpio dov’è? Perché stanno tutti urlando? Cos’è accaduto? E’ in piedi, è in piedi! Com’è possibile? Scendo e vado a vedere di persona.
Eccoli in piedi uno accanto all’altro, Pietro, Giovanni e lo storpio, anzi l’ex storpio. E’ proprio lui non c’è dubbio; anche d’attorno a me la gente freme per lo stupore: un miracolo, hanno fatto un miracolo! La gente spinge verso di loro, la calca è pressante, alcuni svengono per il caldo misto all’emozione ed io mi sento piccolo, piccolo ed inutile, sballottato dalla gente in preda a pensieri che girano vorticosamente in testa e non si vogliono fermare; accidenti a loro o sono io che non li voglio fermare, che mi va bene così, che mi crogiolo e mi impedisco di vedere tutto chiaramente; che confusione dentro e fuori di me. Le urla della gente salgono alte: sono arrivati i soldati con i sacerdoti e i sadducei, sono esterrefatti anche loro e non sanno cosa fare. Devo però abbandonare la scena e continuare le mie faccende, sono stato via anche troppo. Prima di andare vedo che i due vengono a stento trascinati via; li porteranno sicuramente giù alle prigioni e domani gli faranno la festa, poiché adesso è quasi sera.
Alla locanda era tutto rimasto come qualche tempo prima, c’era qualche ubriaco in più; erano quasi le otto di sera e il locale andava pian piano svuotandosi.
Io ero là seduto con un bel bicchiere colmo nella mano, quando il pensiero volò alla sbobba del carcere. Mi alzai e preparai un po’ di carne con delle verdure e con un boccione di quello migliore, dopo aver dato le istruzioni per la chiusura ai miei aiutanti, m’incamminai verso le prigioni.
Era una bella serata calda e secca e non incontrai nessuno per la via,  quindi raggiunsi in fretta le prigioni. Dopo i controlli di rito peraltro molto blandi, la guardia mi accompagnò dai due uomini; erano nella stessa cella. Dato che era il compleanno del capo delle guardie, entrai io a portare il cibo ai due disgraziati. Guardo le mani che sudano e mi chiedo il perché di questo fatto. Mi sento agitato; dentro c’è qualcosa che mi grida: esci! E qualcos’altro che m’invita a restare; sento le stesse sensazioni del pomeriggio e cerco di mascherarle il più possibile, ma evidentemente non ci riesco, perché Pietro alzandosi dalla branda mi guarda fisso negli occhi e mi chiede cos’ho. Come cos’ho, gli rispondo, arrivate in una giornata tranquilla, guarite in un attimo uno storpio e incasinate la mente mia e immagino quella di molti altri, vi fate arrestare tranquillamente e state in questa cella come se foste in un albergo e mi chiedete cosa ho. L’ultima parte del discorso mi pare di averla urlata. Tutto ciò è talmente assurdo che sembra naturale, almeno per voi pare che lo sia. Anche per te dovrebbe esserlo, se capissi cosa sta dietro  tutto ciò, mi dice Giovanni, te possiedi una locanda, vedi molta gente durante il giorno e fai una vita tranquilla, ma un po’ tiepida, sarebbe il caso di scaldarla un po’ non trovi?  Noi facciamo al caso tuo; perché non vieni con noi, quando usciamo da qua?
Illusi. Io uscirò prima di voi stasera e cercherò di mettere un po’ di ordine nella mia testa; poi penserò alla vostra proposta, anche se mi sembra di intuire che voi sappiate già la mia risposta; comunque in bocca al lupo per domani, vi attende un bel interrogatorio, ho sentito che ci saranno Anna, Caifa, Giovanni ed Alessandro, un bel quartetto, non c’è che dire. Quattro bei bastardi.
Grazie per la cena, fu la risposta e con un abbraccio caloroso che mi sconvolse ancora di più, mi salutarono.

Tornando a casa ripensavo alla giornata, era stata molto intensa e forse mi ci dovevo abituare, ma ancora molte cose non mi erano chiare e non mi era chiaro anche il fine ultimo di tutto questo. Quei due uomini rischiavano in prima persona per le loro idee e le loro azioni ed erano sicuramente spinti da qualcosa di superiore. Come potevo rimanere indifferente, come potevo?  

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