La parola dimenticata, di Andrea Quadrani
La parola sulla punta della lingua continuava ad
infastidirmi e solleticarmi insieme. Purtroppo quando non vuol venire, non
viene. Basta pensare ad altro si dice. Infatti, ci provo e penso alla parola
dimenticata. Ossessione. Proprio stasera che devo prepararmi per l’appuntamento.
Accidenti. Vago per la casa facendo finta di far qualcosa e mentre il corpo si
muove in una direzione, nell’altra si muove la mente, alla ricerca di quella
parola. Mi siedo. Guardo la libreria, mi alzo e prendo il libro di ricette. Ho
già in mente tutto, ma ho come un’incertezza improvvisa. Non ricordo un particolare;
sfoglio le pagine ed eccolo là, il cerfoglio mancante nella mia mente allenata
a tutto: esistenza e resistenza. Esistenza complicata e resistenza come sopra.
Vado in cucina, le verdure sulla tavola mi guardano con sorpresa. Sono ancora
in camicia da notte. Solitamente i personaggi della cucina mi vedono entrare
conciata in modo più appropriato. Sì, lo so, ma oggi… appunto, oggi mi sento
molto. Caspita! Proprio non viene. Acc. Che formaggio metto prima del dessert?
Apro il frigo. Gonfio di oggetti, come non mai. Ovvio! Non volevo essere come
sempre… boh?? Vabbè, chiudo il frigo e girandomi vedo la mia beneamata crostata
di albicocche. Slurp! Me la mangerei all’istante, ma devo resistere. Il
godimento alla tavola in due è molto più intonato. Alzo gli occhi, l’orologio
si comporta bene: c’è ancora tempo. Okei. Antipastino, primo, secondo,
formaggio e dolce… non sarà troppo? Sorrido. Poi bruceremo tutto. La pappa è
quasi pronta. Le ultime azioni le compirò insieme all’ospite. Vado in stanza da
letto, apro l’armadio e gli occhi cadono subito su un bel vestito da sera rosso.
Sì. E’ una vita che non lo indosso… ma dai, proprio adesso la parola da trovare
fa capolino, l’ho quasi presa, passa di nuovo sopra la lingua, si ferma un
attimo e se ne va! Mi fermo. Un momento. Aspetto. Niente non c’è la faccio, NON
CE LA FACCIOOO!!! Alt. Ho perso il controllo per cosa? Per una stupida parola
senza senso, che sto rincorrendo da ore e non ricordo nemmeno il perché. Pausa.
Volo in bagno a mettermi un filo di trucco veloce e finisco giusto in tempo per
sentire un rumore di macchina. Mi sono calmata, sono tranquilla. Mi metto
dietro il portone d’ingresso ad aspettare ed ascoltare. Il cuore batte un ritmo
latino. Passi sulla ghiaia e poi sui tre scalini. Campanello. Apro. L’emozione
dello sguardo è breve ed elettrica. Una piccola emozionante scarica che vibra
lungo tutto il corpo. Anche l’ospite mi pare sia nella stessa situazione. Lo
capiamo al medesimo istante. Ridiamo. Entra e si dirige subito in cucina. Lo
raggiungo, si gira e mi accarezza il viso. Arrossisco lievemente. Non è da me.
Mi sento, caspita, mi sento... la parola passa e si nasconde dietro di lui.
Forse mi legge il pensiero attraverso lo sguardo, forse sente la parola vicino
a lui; mi prende la mano, la bacia e mi sussurra:
- C’è
qualcosa da cucinare?
Rispondo di sì con la testa. Mentre avanziamo verso
i fuochi, senza guardarmi sussurra:
- Tranquilla bambina
non sei per nulla, inadeguata.
Ecco la parola!!! E sorrido.
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