Caduta, di Andrea Quadrani
Doveva essere
tutto perfetto e lo sarebbe stato sicuramente, ma si sa come va il mondo, le
cose procedono al loro posto solo col capriccio del destino e il destino si sa
è spesso ambiguo.
Così in quella
maledetta giornata io conobbi il destino guardandolo dritto negli occhi e poi mandandolo
sonoramente affanculo.
Sapete quelle
giornate particolari in qui tutto proprio tutto anche il solo ripercorrere i
fatti e tentare di descriverli porta a errori.
Non scrivo per
non tediarvi troppo con le mille problematiche della giornata e passo
direttamente al fatto più grave.
Giustappunto
stavo correndo il più possibile, errore forse mio quindi, per portare la mia
giornata a un livello operativo medio; curva rettilineo accelerata, curva
doppiacurva chicane, e via così quando eccola là in mezzo, la vedo ma la mia
velocità non mi permette di mancarla, una pozza d’olio proprio in mezzo al mio
cammino; per tentare di evitarla ci finisco sopra in frenata e…
Capottamento e
schianto sonoro, dopo che le ruote hanno perso d’aderenza e anche loro mi hanno
tradito.
Sono a terra
cercando di capire se tutto è al suo posto, non lo so, non lo capisco, mi sento
male, sento voci vicino a me, paiono sotto ma sono sopra, intorno, mi
stordiscono più che lo schianto. Muovo le gambe le braccia la testa, tutto è
ancora ben sincronizzato, ma, forse per lo choc, non riesco a proferire parola;
qualcuno mi chiama, sento la voce distante e presente al tempo stesso. Che
strane sensazioni; inizio a rivedere al rallentatore il film dell’accaduto e
cerco di reagire e urlare la mia rabbia. Tutte le mie cose sono a terra, io
sono a terra e sento che lo sarò per molto. Temo per la mia salute mentale che
è sempre stata un po’ debole, figuriamoci adesso. Non mi sento più la testa,
cerco di tirarmi su ma la fatica è tanta e…svengo.
Qualche
istante e, eccomi mi sono ripreso pienamente, distinguo contorni e volti.
Mi alzo su una
mano, mi metto in ginocchio e piano piano riesco a tirarmi su; adesso ho tutto
chiaro. Vedo tutto limpido. Alzo lo sguardo e vedo la causa della mia caduta. La
guardo, mi guarda, e capisce che ho capito, abbassa appena la testa per
colpevolizzarsi e io mi blocco l’urlo in gola. Potrei, ma non riesco, a urlare
a una donna, che lavora in un supermercato, solo perché ha rotto una bottiglia
d’olio in mezzo alla corsia.
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