Come le altre, di Andrea Quadrani
Lei accanto a me ed io a fianco a lei.
Senza dubbi. Senza essere giudicati. Senza non essere compresi. Lei dopo il
lungo viaggio riposa accoccolata al fianco mio. La guardo e gemo al suo
pensiero. Sento la sua anima riposare. Sento il suo ‘essere’ riposare. Guardo
il colore della sua pelle. Un colore scuro da abbronzatura mediterranea. Un
colore che da pace alla vista. Un colore che ricorda l’oriente. Sono molto
vicino alla sua pelle. La sfioro con il dorso della mano. Un leggero fremito mi
prende; si dirama in tutto il corpo, fino ai miei abissi, e mi scuote e mi
attorciglia di desiderio, e mi prende l’anima e la scuote, e la gira; penso,
penso al piacere delle parole. Sussurrate. Ad altre. Alle orecchie pronte a
ricevere. Alle labbra che si muovono nel sonno, come per far uscire qualche
parola o a tenerla dentro, là, al caldo umido primordiale, vicino alla lingua e
ai denti. Altre. Altre che ho guardato e sfiorato. Diverse. E simili. Sfioro
con il dorso della mano la sua pelle. C’è il contatto. La accarezzo con
dolcezza. Lentamente. Pensando al poi. Al dopo. A quello che accadrà o non
accadrà. La accarezzo con il palmo della mano. La pelle è morbida vellutata
fresca. Le sensazioni variano tra il dorso e il palmo. Dorso delicatezza, palmo
forza. La sento fremere. Non come le altre però. In maniera diversa. Simili ma
diverse. Una piccola palpitazione mi prende. Il respiro si blocca un attimo.
L’emozione mi sta prendendo anche stavolta. Anche stavolta. Riprendo ad
accarezzare. È interminabile il ritmo delle carezze. Starei ore qua con lei e
lei pure. Lo percepisco. Come le altre. In maniera diversa però. Faccio una
piccola pausa. Sento la fatica dell’azione. Sì, fatica. Che faticare non è solo
il lavoro. La fatica è anche il vivere. La fatica è anche amare. Sono fatiche
però liete. Fatiche che tutti abbiamo. Fatiche cui tutti aspiriamo. Fatiche che
tutti bramiamo. Chi non vuole vivere? Chi non vuole amare? Lei è accanto a me e
in silenzio ci amiamo. Come le altre, ma in modo diverso. Che diverso è il
modo, ma non il fine.
Mi avvicino con il viso fino a
sfiorarla. Il profumo della sua pelle mi manda in estasi. Profumo di cioccolato,
banana, erba verde, con una punta qua e là di piccante. Estasi. Estasi totale.
Passo il naso su e giù sulla pelle. La bocca segue o precede come per completare
o preparare al piacere. L’annuso tutta e provo sensazioni antiche. Come antico
è l’amore per le cose uniche. Rare. Sento brividi in tutto il corpo e piccole
scariche di rilassamento. Ormai siamo quasi arrivati. Stiamo per finire
entrambi quello che abbiamo iniziato insieme. Senza dubbi. Senza essere
giudicati. Altri giudicano e non ammettono che possa esistere il piacere fine a
se stesso. Altri. Altre. Molti simili. Altre diverse. Sempre tutti verso
un’unica direzione. Volenti o nolenti. E com’è sempre accaduto prima, non posso
fermarmi, non devo. Senza esitazioni, senza emozioni, brandendo come un’arma
senza tempo, un lungo coltello affilato, la prendo. Prendo la mia bella,
morbida e profumata melanzana e messa sul tagliere, taglio, taglio, taglio, taglio
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