Le avventure dell'uccellino-mangiatore-di-briciole, di Andrea Quadrani
Con il freddo gli ho variato la dieta.
Non è che me l’abbia chiesto lui. È stata una casualità: un giorno mentre
preparavo il pranzo a me, mi è caduto un chicco d’uva a terra; l’ho raccolto,
lo guardato girandolo tra le dita e dopo aver dato uno sguardo fuori, l’ho
messo in terrazza, per terra. Gli piacerà mi son chiesto? Sì, gli è piaciuto. E
guardava in direzione mia dietro il vetro con aria soddisfatta e vogliosa di
altra uva. Almeno così pareva a me. Ma oggi niente. Domani forse. Nelle
giornate a venire, ogni cosa che cadeva a terra, che fosse spezzabile a uso
uccellino, lo mettevo fuori, in attesa del mio piccolo ospite e dei suoi amici
e amiche. Venivano venivano eccome, a mangiare tutto; quello che più mi colpiva
era la predilezione del prezzemolo. Alla fine di ogni becchettata, si pulivano
la boccuccia con qualche pezzo di prezzemolo. Un giorno gliene feci trovare un
po’ in terra. Neanche guardato. Cioè sì, guardato forse sì, ma mangiato o
assaggiato no. La pianta invece era tutta sbocconcellata.
Un giorno con l’aria più tiepida, la
porta della finestra era aperta e assistendo a tutta la scena,
dall’avvicinamento, all’atterraggio, al guardarsi qua e là, al becchettare il,
quel giorno, biscotto sbriciolato, attesi il rito del prezzemolo. E colto il
volatile sul fatto, gli chiesi il perché.
- Perché cosa?
- Perché finisci lo spuntino…
- Pranzo pranzo, anche noi lo chiamiamo
così…
- Vabbè, pranzo, lo finisci, con il
prezzemolo, solo se attaccato alla pianta però e non spezzato a terra?
Volò sopra il vaso dei gerani, potati
per l’inverno, e salì sopra uno dei rami di geranio rimasti più alti, come per
vedere il suo mondo, nel terrazzo, dall’alto. Non rispondeva, non perché non
sapesse che dire, bensì forse, come dirlo. Poi dopo un brevissimo volo e due
zampettate volò fin davanti a me. E, come per confidarmi un grande segreto,
girò la testolina vicino al mio orecchio e a voce bassa mi disse:
- E’ il prezzemolo vivo che mi chiama.
Vuole essere di aiuto nel bisogno, nella fame, nell’urgenza. Non vuole essere
strappato e buttato in terra in nome di una volontà di gioco o nel non sentirsi
importante. Mi chiama, ci chiama e si fa mangiare. Vivo da un essere vivo. Non
aggiungo altro, perché dal colore delle tue guance, so che hai capito.
E spiccò il volo.
Mi toccai la pelle ed era effettivamente
calda. Viva. Giusto.
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