L'impresa, di Andrea Quadrani

Non l’avevo mai letto da nessuna parte; anche perché le mie letture erano perlopiù classiche e di fantascienza. Non ci avevo mai pensato; i miei pensieri vagavano tra le vigne e le donne. Non l’avevo mai studiato; perché avendo fatto gli studi classici ed essendo un acerrimo nemico delle materie scientifiche, non mi sarei imbattuto neanche per caso in quel pensiero. Accadde però un giorno, per uno sbuffo del destino, di leggere quell’enunciazione. E, dopo il nostro incontro, più nulla è stato come prima. L’illuminazione per aver appreso in un attimo quella verità scientifica incredibile, e che poteva avere anche sviluppi d’impresa, sì d’impresa, che poteva essere e diventare una incredibile, stupenda, fantasiosa e redditizia impresa, mi mise subito in azione. Chiamai le persone che mi potessero aiutare; quelle che reputavo giuste. Ne avevo in mente qualcuna. Le trovai molto disponibili. Piaceva anche a loro l’idea. Ci attivammo. Trovammo un locale sfitto, nella via principale della città. Era piccolo ma adattissimo allo scopo. Poi iniziammo ad arredarlo: scovammo un bel bancone di legno con il piano di marmo proveniente da una farmacia chiusa da poco; delle scaffalature, sempre di legno. L’illuminazione adeguata creata con lampade alogene dalle luci bianche e gialle. Comprammo le scatole che servivano, di varie dimensioni e multicolori e mentre facevamo tutto questo, in un laboratorio alla periferia della città, tre grossi ed eminenti scienziati, trovati e lanciati senza grandi sforzi di convincimento anch’essi nell’impresa, producevano notte e giorno il prodotto. Dopo due settimane dall’inizio dei lavori, il negozio era pronto. E di prodotto ne avevamo svariati bidoni zeppi. Eravamo partiti in sordina con la pubblicità. Prima qualche cartello piccolo qua e là. Poi cartelloni agli incroci stradali principali. Poi sulle facciate delle case in riparazione. Poi messaggi alla radio. Poi la televisione. Poi, poi iniziò la febbre dell’attesa. In noi per iniziare. Ma anche nella gente. Chissà chissà cosa ne sarebbe scaturito. Anche giornali e televisioni persino dall’estero, si attivarono e inviarono giornalisti all’apertura - evento – inaugurazione della nostra impresa.
Arrivò il gran giorno. Tutti davanti al negozio. Un telo azzurro copriva l’insegna. L’insegna era una frase. La frase era il futuro. Il futuro poteva essere da qual giorno diverso. Tirammo il telo e tutti poterono guardare.
Gli occhi s’illuminarono nella totalità dei presenti. Macchine fotografiche e telecamere riprendevano a pieno ritmo. Molti ‘oooohhhh’ e molti ‘non è possibile’ e molte altre parole ancora.
Tra il possibile e l’impossibile c’è soltanto una idea e la voglia di raggiungerla.

L’Insegna:

Tra un atomo di piombo e uno d'oro ci sono solo tre protoni di differenza.
Qui trovate atomi, sogni e protoni.
  
  

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