Rinascita, di Andrea Quadrani
Racconto dedicato agli Amici delle Grandi Mangiate e Bevute e dei Grandi Progetti
Non ero pronto per quel mondo. Forse ero
nato nel posto sbagliato, più che nell’epoca sbagliata. Spesso riflettevo tra
me e me su questo. Anche su altre cose, su altre situazioni, che sentivo
intimamente non essere mie. E questo arrovellarsi su pensieri sparsi, rovinava
la mia vita sociale, i miei interessi, il mio lavoro. Anche la volontà che
sempre era insita in me, di aiutarmi a trovare me stesso. Vivevo e lavoravo in
un ambiente con femmine troppo dominanti per il mio sentire. Che non solo
mettevano bocca sulle attività, ma anche su come mangiare, e quando
addirittura; almeno, la dieta era pensata da me. Da sempre appassionato al
mangiar pesante, ci davo dentro il più possibile, assumendo grandi quantità di
cibo. Ero soprannominato il ‘mangia pietre’. Non ero in grado di muovermi come
potevo, perché la critica era sempre nell’aria. Le decisioni su dove andare,
che giri fare, dove lavorare e anche tutte le motivazioni di queste decisioni,
erano legate a loro-esse. Mi trovavano in un periodo di transizione però, in
cui elaboravo il tutto, tentando di chiamarmi fuori pian piano, il più
possibile. Stavo male, infatti, e non era probabile certo andare avanti così.
Stavo male anche dentro. Dormivo poco. Mi stavo distruggendo. Il colpo fatale,
ma anche quello che mi aprì alla riscossa, fu l’arrivo di un altro individuo.
Era succube anche lui, ma essendo più giovane, riusciva a farsi valere su
alcune cose, da loro e anche da me e più di me. Il tempo passava e l’astio in
me cresceva, finché un giorno, in un attimo di follia lo aggredii ferendolo
gravemente a una coscia. Quell’atto così violento e improvviso e inaspettato da
me e soprattutto dagli altri, fu decisivo. Da quel giorno tra noi, e non solo,
ci fu il gelo, ma almeno la mia qualità di vita si alzò un attimo. Ogni tanto
saltavo anche di gioia così all’improvviso, con tutte e tutti che mi guardavano
con meravigliata preoccupazione. Le giornate mi apparivano più luminose, le
notti più sognanti; dentro di me sentivo la quiete. E anche se vedevo le solite
scene, odiate un tempo, di ostinazione, prepotenza e livore, mi sentivo più
pacifico, più pacato, più aperto verso gli altri. Più sereno. La mia coscienza
era rinata, anche a me, anche a un normale pollo. Siamo troppo importanti.
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