Responsabilità (il)limitata, di Andrea Quadrani
Quelle parole che mi erano state dette e
ridette in mille momenti della vita, risuonavano ancora insieme ai miei
padiglioni auricolari, dall’ultima volta che mi erano state recitate; sì,
recitate, così come si recita un mantra che va bene per tutti e per tutta la
vita, ma che a forza di ascoltarlo capisci che qualcosa non va. Erano, infatti,
passati pochi secondi e la bocca che le aveva sfornate era ancora semi aperta,
nell’atto di continuare il lavoro iniziato. Avevo sempre ceduto, avevo sempre
ascoltato e purtroppo avevo sempre agito. Come agisce la maggior parte delle
anime che ho conosciuto in vita, a quelle quattro perfide parole, seguite
dall’immancabile pausa, leggi puntini, e alla leggera scrosciata di parole
avvelenate in partenza. Mai resistito. Sempre ceduto. Pigrizia mentale e minima
fiducia in me stesso. Tutto qua. Sempre poco o semplice, come in fondo
parecchie faccende della vita. Parole che diventano segnali e segni per
cambiare ogni volta che si deve. Parole usate come segnalibri del racconto
della nostra vita; segnalibri che si tolgono per ricominciare ogni volta e ogni
volta ricaderci. Parole simbolo di alibi continui perché arrivano proprio nel
momento giusto, incredibilmente quando ne abbiamo proprio bisogno e siamo lì,
con la lingua di fuori ad aspettarle, come si attende l’acqua in un momento di
vera sete. Parole che a volte riusciamo anche a respingere, a non farle nostre
e trovarne altre di più adatte e di più valide. Parole che affondano obiezioni.
Parole usate bene da chi a volte non ci conosce per niente o usate male da chi
ci conosce benissimo. Parole non richieste, che accrescono la confusione.
Parole non necessarie in fondo e quindi pericolose e astiose a ben pensarci;
solo che non si pensa, ci si appropria di loro e le si usa e loro usano noi
senza pietà. Come senza pietà siamo usati da chi le pronuncia. Un grande
cambiamento è rigettarle, rigettarle sempre e andare avanti senza di loro, ma
con noi. Così feci io quel giorno appena le ebbi risentite:
“Se fossi in te …”.
Per essere, per esserci
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