Io Sono, di Andrea Quadrani

Io non sono importante. Sono solo legato alla mia terra. Alle mie origini. Alla mia famiglia. Sono nato in questo tempo e in questo luogo. Non in un altro. Che ci devo fare? Che ci posso fare? Penso ogni tanto quando dormo guardando quei punti splendenti luminosi che sono in cielo, che ci sto facendo io qui? Mi piace la foresta, la mia gente, il mio tempo. Quello che proprio non sopporto sono i discorsi che facciamo ogni giorno. Il respiro, corriamo e respiriamo male. La corsa, deambuliamo e lo facciamo in modo sbagliato. Mangiamo, ma non quello che dovremmo. Facciamo sesso, ma non nel modo e con la gente giusta. Abbiamo rapporti umani, ma non con le anime giuste. Sporchiamo, ma non nel modo giusto. A tutto questo penso di notte. Di giorno invece la vita scorre e le domande pure. Peccato che ci siano i soliti guastafeste, i soliti rompiscatole, i soliti idioti, che, nonostante tutti i nostri tentativi (quelli sì giusti), ci abbiano trovato. Adesso per noi è finita. La vita normale si è trasformata in un brutto sogno. A esprimere la completa verità, la prima volta, siamo stati noi a trovare loro: uno di noi si era spinto fin fuori la boscaglia e si era imbattuto in questi esseri eretti, poco pelosi e dal colore bianchiccio; delle schifezze alla sua vista; con loro c’era uno simile un po’ più scuro ma inquietante anche lui. Nostro fratello appena li ha visti ha cercato di scappare, ma loro con una grande rete l’hanno intrappolato e da allora l’aria non è stata più la stessa. Scrutati, osservati, guardati, ognuno di noi femmine e cuccioli compresi. Per giorni per settimane. E avevano con loro strani oggetti bianchi sui quali attraverso altri arnesi lunghi a punta, facevano apparire magicamente o facce simili alle nostre o strani segni. E se ci avvicinavamo per, ovvia, curiosità, erano felici come piccoli cuccioli quando vedono sorgere il sole. Erano per la verità molto discreti. Ma era sempre gente estranea in mezzo alle nostre vite. Poi accadde un giorno un fatto importante: dall’altra parte della foresta giunse un nostro amico di una diversa popolazione; aveva sentito parlare di questi ed era in grado di capirli e, con difficoltà, parlarci. Loro sapevano già della sua esistenza e della sua gente. Erano, infatti, arrivati dalla parte opposta della grande acqua. Una massa di acqua enorme che si vedeva dopo la foresta e che ci separava da questi nostri amici. Infatti, non sapevamo nuotare, purtroppo. Lui ci fece da tramite. Spiegò loro i nostri problemi legati alla loro presenza e ottenne la promessa che di lì a poco se ne sarebbero andati. Infatti, dopo qualche tempo fu così.
Lo ringraziammo e passò moltissimo tempo prima di rivederlo comparire. Chiese di parlare con tutti noi, ci radunammo e ci mettemmo ad ascoltare; il racconto era interrotto a volte da risate, e sorrisi: quegli esseri che vedemmo, raccontarono che ci avevano scoperti;  loro a noi, pensate un po’. Vabbè. Che eravamo quasi totalmente loro progenitori; come ci eravamo ridotti! Andiamo avanti. Che eravamo aggressivi e violenti a volte; ti credo, voglio vedere te a vivere nella foresta. Che ci mangiavamo tra noi; era accaduto qualche una volta e solo per fame ed erano morti, voglio vedere voi con la fame. Che facevamo sesso tra maschi, tra femmine, tra maschi e femmine e al contrario e molto spesso lungo la giornata; invidia? Che mangiavamo per metà frutta e verdura e per metà carne; pure sul cibo mettono bocca? Insomma uno studio completo totale per spiegare quello che noi sentivamo già nell’anima. Discendenti così? Qualcosa è andato sicuramente storto. Io sono contento di ciò che sono. Io sono contento della mia vita. Io sono contento di essere una scimmia. Io sono contento di essere un Bonobo.

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