Bia e Giò, di Andrea Quadrani

Accecante, una luce accecante, mi ricordo solo questo dell’inizio. Poi aria fresca, frizzante, in apparente contrasto con la luce fortissima. Cerco per un attimo di capire dove sono, ma è difficile; mi sento stordito, ancora parzialmente assopito. Voci, tutt’intorno a me; un gregge di voci diverse, mai sentite che risvegliano in me qualcosa: un ricordo sul prima e una ragione di essere sull’adesso. Voci femminili e maschili. Voci di bambini e bambine. Voci minuscole e maiuscole. Voci comunque musicali. Tutto ciò dura parecchio, difficile stabilire quanto, soprattutto senza cognizione del tempo. Sembra di essere sospesi nel vuoto; questa sensazione all’improvviso mi angoscia, ma poi chissà perché mi sento meglio, quieto. Sono sospeso ma saldo, come tenuto da qualcosa che sento essere intenso e materno: un’entità verde, frastagliata e in movimento. D’attorno a me ogni cosa fa si che inizi a farmene una ragione. Vedo una distesa verde a perdita d’occhio intondo a me e un disco strano e giallo sospeso nel cielo. Guardo nel verde; moltissimi siamo; tutti rivolti verso la luce che proviene dal disco giallo, adoranti da questa visione che ora emana anche un tepore che aumenta sempre di più. Che bellissima sensazione. Se è un sogno, è proprio ben sognato; il fatto che non lo sia, è la voce limpida che mi scuote e mi scioglie:
- Benvenuto Giò benvenuto!

Sono finalmente sbocciato; sto bene e posso iniziare la mia avventura. Sento che il motivo per il quale vivo e cresco, è giusto e intimo. Una vita vissuta nella natura per finire nella natura. Percepisco che sarà questo il mio destino. Una vita relativamente breve che avrà però un suo senso. Sento che sarà così e non mi preoccupo molto di come si svolgerà. Sto pensando a tutte queste cose, quando una voce graziosa e squillante, richiama la mia attenzione; proviene da un essere simile a me, la stessa situazione di sospensione e saldezza; solo il suo colore è diverso.
- Salve, sono appena arrivata …
Dalla distanza che ci divide, non si capiva che era diverso da me e lo scoprii con le sue parole.
- Dicevo, sono qui da poco – replica, che mi vede un po’ svagato.
- Scusa, ti stavo ascoltando, ma il tuo aspetto e la tua bellezza, mi faceva pensare ad altro. Come ti chiami?
- Mi hanno chiamata Bia, ma ti dirò, a me non piace tanto.
- Ma no, è carino. Il mio è Giò, pensa un po’…
Mi guarda. La guardo. Lo scambio è sospeso dal calare del grande disco di luce che ci sovrasta. Un calare rossissimo ed emozionante. Sparito il disco, sulla distesa verde cala una fredda oscurità. Si sta lo stesso bene; un po’ di umidità sopportabile e qualche luce ignota qua e là. Le oscurità seguenti saranno molto simili. Le parole lasciano lo spazio ai sonni e ai sogni di tutti noi. Questo alternarsi di luce e oscurità che, impareremo poi a chiamarli ‘giorni’ e ‘notti’, passano svelti. Man mano che passano,  noi cresciamo e aumenta il movimento intorno a noi. Sempre più spesso strani esseri grandi come montagne, passavano tra noi guardandoci e anche toccandoci a volte. Sui loro volti di creature umane, scoprimmo poi che si chiamavano così, col tempo che scorreva, si leggeva la soddisfazione e aumentava la complicità con noi.
Bia cresce e diventa sempre più bella nella sua veste verde dorata. Io, afferma lei, sono bello uguale e questo mi inorgoglisce un po’. Sono un bel brunetto e con il mio vestito blu preferito, l’unico per la verità, mi sento padrone del mio destino. I miei compagni ed io, formiamo il gruppo migliore, e si vede.
Giò, mi dicono spesso, finiremo la nostra esistenza nel modo migliore ed entreremo nella leggenda! La leggenda, la leggenda; molti farebbero chissà cosa per raggiungerla e a molti non importa un bel niente. Certo è che io non mi sento né bello né leggendario. So invece, lo sento nell’intimo, che la dolcezza che è in me, servirà ad alleviare le pene, a far vivere una festa, a ispirare poeti e scrittori. Ne parlo spesso con Bia e anche lei non solo è d’accordo, ma ha anche gli stessi pensieri. Li condividiamo per ore nelle meravigliose notti, quando il neroblu del cielo è punteggiato da tantissime lucine d’argento immobili. Talora, sia nelle giornate piene di luce, che all’ombra delle notti, figure strane singole o in gruppo, turbano il nostro vivere; sembra che si accorgano del momento spezzato, allora si siedono in silenzio, tirano fuori strani oggetti, li avvicinano alla bocca e muovendo lentamente la testa indietro, alzano gli oggetti e …
- Bevono.
Una voce dietro di me sillaba questa parola. E poi in lontananza sbocciano innumerevoli voci allegre e melodiose; voci già udite ma mai conosciute; voci che si affievoliscono lentamente per far spazio al silenzio. Avverto una gioia malinconica dentro di me e nessuna spiegazione per essa. Una rapida occhiata a Bia conferma la mia sensazione; la nostra sensazione: strana, intima, gioiosa, intensa e violenta. Sono molto scosso, ma mi sento bene e questo è importante.

Luce di una fresca mattina. Una misteriosa forza ci muove tutti e ci fa guardare in alto: greggi di figure multicolori cantanti e vocianti scendono nella nostra direzione; con sé hanno grandi oggetti cavi che gli avevamo già visto in mano; dietro di loro in colonna procedono animali di varia grandezza e di rumore assordante. Sono vicini a noi ormai. Non ho paura: so che questo è il Giorno. Sono, siamo nati e cresciuti per questo. Chissà cosa accadrà? La sensazione è morte e vita insieme, e un futuro, migliore forse. Le figure si dividono in piccoli gruppi e passandoci accanto, accarezzandoci ci colgono. Sono uno dei primi. Mi staccano dal cordone verde lanciandomi in uno degli oggetti cavi e, in volo, guardo verso Bia, anche lei recisa e felice. Ci rivedremo. Lo so. Atterro morbido sopra i miei simili. La figura che ci porta canta e ride; un riso solare e fresco che mi rilassa e mi toglie la paura residua. Tutto è in movimento, la stasi è finita, la vita si muove e ci prende con sé. Come una danza, lo spettacolo del cogli e getta continua continua. È emozionante in verità e pochi lo nascondono; si percepisce negli sguardi e nei canti nostri e dei greggi che ci trasportano. Lentamente ci si muove e dopo un breve camminare sobbalzando, l’arresto. Davanti a noi si erge una massa scura e rotonda, è un attimo: contemporaneamente cadiamo dentro questo luogo e urlando o ridendo ci troviamo tutti insieme. Mi sento chiamare per nome. Mi giro. È Bia. Che visione solare. Per un istante che sembra non finire più ci guardiamo, ci tocchiamo, mentre tutto intorno a noi è turbinio e confusione: rumori, canti, urla e risa. Poi il bell’attimo finisce. Una figura viene sopra di noi, alza la gamba e … mi sento schiacciare, muoio! mi dico, e invece non accade, almeno non accade come la pensavo io. Siamo tutti schiacciati eppure mi sembra che tutti siamo vivi, vivi più che mai. Io stesso mi sento cambiare, mi sembra di sciogliermi, lascio il contatto con Bia e si fa buio.

Un fresco liquido rosso, profumato di fiori, frutta, erbe e delle nostre anime. Siamo diventati un fresco liquido rosso. Che chiamano a gran voce: vino vino! Ecco la ragione della mia e nostra esistenza: vivere nella splendida terra, fare parte della natura, morire e subito dopo realizzare un sogno tutti insieme. La nostra vita ora continua in un’altra dimensione, ma sempre e soltanto in unione con quelle strane figure danzanti. Che ora ci guardano e amano più di prima.


Epopea  di  TrebBiano  e  SanGiòvese  Meravigliose  Uve Italiche



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