Bianca, di Andrea Quadrani
Bianca pallida
in cielo e davanti a me: dopo ore di tormento e di vero ardore mi aspettava una
notte dissennata. Me l’ero cercata. Sono fatto così, non me ne rendo conto e accetto
seriamente le conseguenze del mio buttarmi nelle braccia del fato.
Questo bianco
accecante, un candido espressivo come lo sa essere solo l’immacolato, e due
cavità, crateri? Sono distante e insieme vicino, per cui la vicinanza e la
lontananza vissute nello stesso istante, generano in me piacere sottile e
grande angoscia. Avere la bellezza sotto mano e non poter far altro che fingere
di accarezzarla, perché appena la mano sfiora il bianco, ecco la lontananza.
Sembrava tonda, ma i miei occhi erano inaffidabili ora. Come tormentati dal
voler metterla a fuoco per forza. Pareva esserci un altro cratere più grande e
una strana montagna affilata prima del cratere. Girava tutta, tenera amante
delle mie fuse notti. Un satellite di pura bellezza, con quel bianco accecante,
che pareva arrivasse da altrove, da un’altra stella, forse, chissà. Altri astri
attraversavano il mio cielo a volte, per rari e piacevoli momenti della mia
esistenza. Tutti belli, alcuni sfuggenti, ognuno amato per ciò che avevo
condiviso con lui.
Continue rasoiate
candide nel nero cielo.
Ero sveglio e
poco mancava. Ero confuso e poco importava, se quel bianco pallore mi attirava
sempre di più. Non potevo accettare, non più e non solo, questa sensazione. Non
potevo accettare che la distanza mi privasse del piacere di toccar con mano,
quelle meravigliose caverne, altipiani, mari profondi, che facevano del
pianeta, una perla del creato.
Mai, mai mi
ero sentito così: aleggiare nel piacere dello splendore e provare tranquillità
e grazia. Stavo cedendo, il mio corpo, che mi comunicava emozioni con fremiti
sempre più forti, stava separandosi dalla mia mente. Era quasi fatta. Eppure un
ultimo tentativo poteva essermi concesso, lo sentivo il miracolo di un contatto
nella lontananza. Un particolare desiderio che montava dentro di me come
un’onda azzurra immensa, mi spingeva verso l’impossibile, toccare il cielo con
la mano, sfiorare le stelle, e quel manto bianco… allungai la mano socchiudendo
gli occhi e, percepii una morbidezza languida, e tinte verdi e azzurre.
Inconsueti colori può far venire in mente la luna. Chiusi gli occhi ed entrai nella
realtà, lasciando che poesia e illusioni sparissero. Li aprii di nuovo per
ammirare finalmente vicino lo splendido viso di una donna vera.
Commenti
Posta un commento