Traffici, di Andrea Quadrani

Ero il migliore nel mio campo, si sapeva in giro, e ne era informato anche il tizio che arrivò da me quella mattina. I migliori si sa, si pagano ed io mi facevo dare anche una percentuale sugli sviluppi futuri del mio lavoro, portati avanti dai miei clienti e dai loro amici.  
Il tizio, un personaggio untuoso fuori e dentro, mi fece subito una brutta impressione, tanto brutta, che solo a lui, feci un prezzo più alto del normale. Se ne accorse, ma a parte un leggero fremito della tempia sinistra, non fece nulla per farlo notare. A me in ogni caso non fregava niente, se non gli andavo, si poteva girare e tornare nella fogna dalla quale proveniva.
Senza alcun segno di saluto, esordì:
“Avrei bisogno della roba più buona e più fina che lei ha”.
Mi guardai intorno con finta sorpresa e con buona ironia replicai che se era stato mandato da qualcuno da me, era proprio perché io ero in possesso di roba buona e fina, quindi bando ai preamboli, doveva dirmi solo cosa, quanto e quando; il resto erano solo parole sprecate, come il tempo che io gli dedicavo. Quest’ultima asserzione fu l’unica che tenni per me.
Era scocciato poiché avevo troncato la conversazione in modo tanto secco. A me più stava là davanti a me, più mi agitavo. Senza farglielo capire. L’esperienza mi aveva insegnato, che proprio dai tipi più tranquilli, ci si potevano aspettare le sorprese più feroci. Quindi abbozzai, e con un sorriso amabile, andai verso il frigorifero, presi una bottiglia di Dom Perignon 1996 e gli porsi un calice esageratamente pieno, aggiungendo, con il gesto,  che ero totalmente a sua disposizione su ogni cosa: consegna, pagamento, su tutto insomma.
Si rilassò un po’ e con una strana velocità rallentata, estrasse un fogliettino blu: la lista della spesa, che declamò senza nessuna esitazione. Mi chiese: due chili di roba gialla marocchina, due chili di roba rossa tailandese, un chilo di roba nera messicana. Lo guardai sorpreso, e pensai: che ci deve fare con tutta questa roba, una festa lunga una settimana?
“ Ok, facciamo quarantamila euro per tutto e il cinque per cento sul vostro incasso finale. Diecimila euro subito, il resto alla consegna, di qui a due giorni sempre qua da me”. Proposi.
E subito:
“ Ovviamente lei non mi conosce e non sa che faccia ho”.
“ Ovviamente”, rispose l’untuoso.
Uscito il simpatico cliente, ed elucubrando ancora sull’uso che avrebbe fatto di tutto quel ben del diavolo, iniziai a organizzarmi; avevo già tutto in casa, nascosto per bene qua e là nei posti più impensati. Tirai fuori una serie di bilance e iniziai il preciso lavoro della pesa.
Lentamente il cervello si liberò dei pensieri e subentrò la concentrazione. Un lavoro che scontenta il cliente, è un lavoro dove ci si pone delle domande e in questo caso me ne ero fatte fin troppe, mentre normalmente pensavo e agivo come un mercante di spezie di alto livello e buone, come me.

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