Ricerca Estesa, di Andrea Quadrani


Sono partito per i miei fatti, in giro per le arie e il blu pizzicorino del cielo. Ho viaggiato, volato, mangiucchiato, becchettato, sbevazzato, con i miei compagni di volata e dopo un tempo, definito, indefinito, sono planato sul terrazzino dove trovavo quel simpatico umano, sparatore di saggezze e pensieri. Non c’era più nessuno. Sono stato molte e molte volte. In ogni momento. Per molti giorni. Niente. Se n’è andato. Sento nel mio cuore un filo di tristezza. Più che altro perché non so come sta, spero bene comunque. Anche se negli ultimi tempi molte malattie imperversavano nel suo corpo; quelle che mi raccontava ed altre che sentivo, con l’istinto, che per fortuna aiuta noi tutti animali, in molte situazioni belle e brutte. 
Dopo qualche tempo, anche su consiglio di qualche mio amico pennuto, ho deciso di saperne di più e mettermi alla sua ricerca. Difficile, non impossibile. Il messaggio che cercavo un umano, è iniziato a irradiarsi nei cieli a tutti i tipi di animali volanti e, vista la mia ferrea volontà, hanno deciso di collaborare anche i quadrupedi felini e lupeschi, che vivono nelle case degli umani della città. 
Quasi nessuno si stupì del fatto che cercavo un umano. Tra gli animali vige un simpatico convincimento: ognuno è padrone della propria vita e delle proprie scelte. 
Ogni scelta, anche la più strana, deve essere aiutata nello svolgersi. 
È un comportamento che è insito in noi e intimamente sentiamo, che è un bene, l’aiuto reciproco in ogni circostanza. Sentiamo di essere connessi tra di noi. Sentiamo di essere una cosa sola che respira, che vive, che si agita. L’aiuto è vita. La vita siamo noi. 
Così in maniera buffa e semplice partì la ricerca. Descrissi nei minimi dettagli l’umano: l’avevo osservato bene e ne conoscevo anche l’odore, che trasmisi ai miei compagni d’aria. Gli altri si basarono su un pezzo di pianta che toccava spesso, che, con l’aiuto di un paio di amici forti, avevamo staccato e portato giù, ad un quadrupede lupesco; lui annusò l’oggetto e pian piano, l’odore di quell’umano, passò di naso in naso. Alla sua ricerca. Era un’azione difficile. Ci voleva tempo. Ne avevo, e spenderlo anche in questa attesa, era un modo nuovo e stimolante di vivere. 
Passò il tempo. Tanto. Finalmente, un giorno, arrivò la notizia che l’odore dell’umano era stato individuato, in un terreno poco fuori la città. Volai veloce in quella direzione, aiutato dalle indicazioni degli informatori. Era un campo con dei giochi per bambini e pochi alberi, lungo una strada dove passava molto traffico umano. Era stato individuato in più punti, e in varie intensità, segno che batteva spesso il terreno. Gli abitanti del luogo mi trovarono un alloggio nelle vicinanze e mi preparai per l’attesa nel giorno dopo. 
La giornata si aprì con una leggera nebbia umida, poco confortante; sia per la freschezza, sia per l’umidità che impregnava le mie piumette. Mi misi a svolazzare per scaldarmi ed asciugare, con la velocità, le piccole goccioline sparse sul mio corpo. Non passò molto tempo. E lo vidi. Prima mi arrivò il suo profumo. Poi riconobbi i lineamenti. Poi la voce. Parlava ad un quadrupede lupesco che aveva appena sciolto e che correva qua e là con simpatica eleganza. Mentre il quadrupede era lontano, io, preso da una enorme agitazione e frenesia, volai nella sua direzione e planai nella terra vicino a lui. Mi voltai in ogni direzione per essere certo di non cadere in qualche gaffes, come a volte era capitato. E lo salutai alla nostra maniera: 
- Buongiorno umanoide, sei scappato dalla civiltà? 
La sua non reazione mi preoccupò per un breve istante; poi però lo vidi girarsi verso di me esclamando con un sorriso, da qui a lì: 
- L’uccellino! Il mio uccellino! Cosa ci fai qua? Come mi hai trovato? Come stai? Che bella sorpresa! 
E tantissime altre domande e domandine che mi commossero molto e anche lui, era emozionato e anche io di più. 
Mentre la sua quadrupeda correva, conscia che non ero un pericolo per il suo umano, gli raccontai i modi per la sua ricerca e ritrovata. Era davvero estasiato e anch’io giuro ero un fremito di emozione. Agganciò il lupesco, che mi raccontò essere ‘una’ lupesca, ad un filo e si fece accompagnare nella sua nuova casa; con un terrazzo grande grande, non tanto in alto. Le piantine. La ringhiera. l’aria di casa. 
- Adesso che mi hai ritrovato, tornerai sì, qua da noi? 
Mi chiese con gentilezza. 
- Certo, ora mi troverò un posto qua vicino e ci vedremo sì, assolutamente. 
- Grazie grazie sono felicissimo di aver ritrovato un amico. 
Non dissi nulla. Lo guardai muovendo la testa su e giù e partendo via felice, col cuore che battendo forte mi dava vita e volo.







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