Beneficenzia, di Andrea Quadrani


Il concetto che sviluppo nella mia testa e tento di raccontare di più nei miei scritti, riguarda ‘il giudizio’, ‘il giudicare’. A chi mi dice o racconta o scrive che il giudizio è insito nell’umanità, rispondo che no, per me non è così. 
Ieri pensando ad una variazione del giudizio, mi è venuta in mente la parola: beneficenza. Che collegamento c’è, si chiederà? L’ho trovato. È il non giudicare VIP che non fanno beneficenza e diffidare di quelli che la fanno con la ‘grancassa’, perché sarà anche beneficenza, ma anche tanta pubblicità. E mi è venuto in mente un ricordo lontano, di quando tempo fa andai con altri ragazzi in un Cottolengo (leggi luogo dove si nascondono gli ultimi), nei dintorni di Padova, in una visita organizzata dai Gesuiti che frequentavamo. 
Incontrammo l’allora direttore, un prete di quelli tosti, che ci parlò di molte cose; per meglio spiegare il significato, a parer suo, della beneficenza, ci raccontò un episodio accaduto poco tempo prima. 
- Avete visto l’ala nuova del nostro Cottolengo? È stata costruita da poco; ne avevamo estremo bisogno, per creare un altro reparto essenziale per noi. La raccolta dei soldi per costruirla è avvenuta in un modo ‘miracoloso’, che di miracoloso ultraterreno ha poco. 
Ci servivano ottocento milioni e quindi iniziai a spargere e far spargere la voce, a tutte le nostre numerose conoscenze, sul nostro bisogno; via via, la voce ha viaggiato per tutta Padova e forse anche più in là. Un giorno, dopo un paio di settimane, venne uno dei portieri del cancello d’entrata, con una grossa valigia in mano; mi disse che gliel’aveva consegnata un’anima scesa da una macchina di lusso, che aveva chiesto di darla al direttore e solo a lui. La portai nel mio ufficio e la aprii: dentro, davanti alla mia faccia sbigottita, una marea di soldi e una busta. 
Nella busta un foglio con scritte queste parole: 
‘Caro Padre, ho saputo che vi serve una certa cifra per la costruzione di un nuovo reparto, io dalla vita ho avuto molto e penso che la vita me l’abbia dato per tante ragioni. Una sicuramente è aiutare chi ne ha assoluto bisogno, e così faccio nel mio piccolo. Qui c’è la cifra di cui ha bisogno, in modo che i lavori possano partire subito. 
Grazie molto per l’occasione che mi ha dato. 
Firmato, un amico’. 
Capite l’incredibile? Era lui che ringraziava me! Dentro quella valigia c’erano ottomila banconote da centomila lire: gli ottocento milioni che ci servivano. 
Iniziammo subito i lavori e dopo qualche mese potemmo inaugurare il reparto. 
All’inaugurazione c’erano le autorità cittadine, il Prefetto, il Questore, il Vescovo, qualche vecchio amico del Cottolengo, qualche genitore dei nostri ospiti speciali. Fu una bella ed emozionante giornata. 
Dopo una settimana circa mi arrivò, tramite i portieri del cancello, una busta gialla senza scritte, indirizzata a me a voce, da un uomo arrivato fino all’entrata a piedi. La aprii e dentro c’era un biglietto con una breve scritta: 
‘Caro Padre, la ringrazio ancora di tutto, compresa l’emozione della giornata dell’inaugurazione. Io ero là. A presto e auguri per tutto’. 
Ecco. Questo racconto svela il significato della parola beneficenza. E porta anche un importante insegnamento: mai giudicare nessuno; chissà cosa compie nel silenzio e con la compagnia della sua coscienza e solo di quella, furono le ultime parole che ci accompagnarono verso il fuori.

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