Misteri e magliette rosse


E’ mattina; sono qui nella vastità bianca del mio soggiorno che cammino avanti e indietro; la porta finestra che da nella terrazza, è aperta per rinfrescare la casa dai bollori estivi; il prossimo anno le zanzariere saranno d’obbligo. 
L’uccellino-mangiatore-di-briciole sta spiluccando erbetta da uno dei vasi agganciati alla ringhiera del terrazzo. Ogni tanto gira il capino verso di me, quando gli passo davanti, ciclicamente, nel mio deambulare sulle mattonelle quadrate del pavimento. Mi fermo e guardo appunto per terra. La mia immagine appare sfuocata, e per fortuna, altrimenti vedrei quello che più di me non mi piace: il furore. Anche se la mia Psi mi dice sempre che il furore serve, come pure i modi per sfogarlo. Io ce l’ho il modo: scrivere. Quindi dopo aver girato in tondo abbastanza, mi siedo sul divano, imbraccio il pc come un’arma e incomincio a battere sui tasti neri. Il mio amico pennuto pare assentire. Anche la quadrupeda accoccolata al mio fianco mi guarda trasognata, facendomi rabbrividire d’emozione. Incomincio. 
Questa storia delle ‘magliette rosse’ mi ha fatto venire letteralmente il voltastomaco. 
Qua apro subito una grossa parentesi: alcune anime candide che conosco, hanno partecipato a questa ‘manifestazione’ di sensibilizzazione; sono nel profondo impegnate più o meno verso gli ‘ultimi’ e i più bisognosi e, proprio per questo, per me, non avrebbero necessità a questi gesti. Io molto semplicemente sono da sempre contro questo tipo di azioni, che vengono fatte in maniera spesso selettiva e dettate dagli stessi poteri che si dovrebbe combattere.
E’ il classico modo usato dalla gente (scritto in modo dispregiativo – amo l’umanità ma odio la gente, scriveva Charlie Brown), per lavarsi la coscienza col gesto di un momento, quando ci sarebbero una infinità di modi per FARE davvero qualcosa, ovvero la differenza. Soltanto che questi ‘modi’ turberebbero le normali attività e il quieto vivere di ognuno e questo, no, non si può fare; troppo difficile, troppo complesso, troppo futile, troppo … troppo. Volgari scuse buttate là dalle quattro, sì quattro, scimmiette del periodo: non vedo, non sento, non parlo e soprattutto non agisco. 
Eh già, ma tu scrivi scrivi senza andare sul pratico, facile sai, scrittore. 
Le sento fin dentro di me queste parole. Spesso. 
Praticità? Eccola! Non faccio l’elenco puntato o numerico, perché svilirei nel profondo questi miei pensieri. 
Andando in cerca sul magico mondo del web, si trovano i nomi delle banche italiane e non, che usano i risparmi loro affidati per finanziare aziende costruttrici di armi; infatti, “Il denaro non è neutro e non sta fermo, al contrario. I maggiori attori finanziari sono banche, fondi pensione e di investimento, assicurazioni. Tutti soggetti che si alimentano dei nostri soldi, ma sulle cui decisioni solitamente sappiamo poco o nulla” parole di Andrea Baranes, giornalista esperto di finanza e collaboratore della Fondazione Culturale Responsabilità Etica, del gruppo Banca Etica. Quindi spostando i soldi in banche più etiche, e chiedendo o meglio cercando notizie sui viaggi dei denari, si può fare molto.
Molti smartphone in commercio, come delle play-station e di molti aggeggi elettronici di uso comune, grondano sangue di uomini, donne e soprattutto bambini morti per estrarre, in Congo, il minerale usato per produrre i loro componenti principali; fino ad ora (fonte ONU e anche qua si può trovare quanto si vuole sul web), MILIONI di esseri umani, di anime, sono morte perché in ‘occidente’ ci si possa sentire e chiamare e mandare messaggi financo quando si dorme; perché si possa giocare (sic!); perché si possa guardare il mondo che scorre da televisori, pardon maxi schermi, sempre più maxi e sempre meno umani. Un genocidio inarrestabile, almeno fino a che ci sarà un essere umano in coda per acquistare l’ultimo modello di questo o quello. 
E’ estate col caldo che imperversa. Cosa fare per alleviare cotanto bisogno di fresco? Si sbevazza. Vino? Nooo fa male! Acqua? Certo almeno due litri al giorno, ma ha un sapore inutile. 
Allora è meglio andare su quella bevanda dalle tante ‘C’ frizzante e saporita. 
Questa sì che è una ottima idea! 
Peccato però che: 
“In un’ottica in cui il profitto è l’unico obiettivo ed ogni mezzo è lecito per raggiungerlo, l’etica soccombe sotto i piedi della essenza del capitalismo”. 
Queste simpatiche parole sono state dette da un dirigente della C e C, Robert W. Woodruff, per legittimare le loro nefandezze. Perché a parer mio proprio nefandezze sono. 
Per produrre la bevanda, privano dell’accesso alle anime, fonti naturali di acqua. Accade in Messico alle pendici dello Huitepec, dove durante le stagioni secche si patisce la scarsità d’acqua perché lo stabilimento della zona la prende tutta per la produzione; gli abitanti sono costretti a comprare l’acqua dall’esterno. Questo accade in tutta legalità, visto che l’azienda per 29.000 dollari ha ottenuto le licenze per estrarre acqua. 
In India la situazione è ancora più grave, gli stabilimenti della zona oltre a lasciare con poca acqua i villaggi nei pressi di Varanasi, rilasciano acqua di scarico che raggiunge il terreno rendendolo improduttivo, con moria successiva di bestiame. 
In Colombia la situazione è più complessa, dopo una serie di omicidi dei sindacalisti del Sinaltrainal (sindacato dei lavoratori) l’azienda è stata accusata di essere complice delle uccisioni fatte dai gruppi di paramilitari che stroncano ogni tentativo di miglioramento delle condizioni di lavoro. Prove non ce ne sono, ma forti sospetti sì: perché sono stati uccisi solo i sindacalisti che si opponevano allo sfruttamento di quella azienda? 
Isidro Gil, uno dei sindacalisti uccisi dai paramilitari è diventato uno dei simboli principali della campagna che ha come scopo la sensibilizzazione, il boicottaggio e la denuncia dei crimini dell’azienda. 
Colpendo questa gente sul loro portafoglio con il boicottaggio, si preme sull’azienda perché eviti azioni negative. E a chi sostiene che non serve, scrivo che sono serviti quelli contro la Nestlé e contro la Ciquita. 
Anche se la strada è lunga penso che si possa vivere anche senza bere quella cosa frizzante. Senza avere l’ultimo aggeggio elettronico di grido. Senza consegnare soldi e vita a banche criminali. 
E sono solo tre esempi. 
Si vota ogni giorno: facendo la spesa, comprando certe cose piuttosto che altre, è lì che si fa davvero la differenza... più ancora che nell'urna elettorale. 
Altrimenti si resta con dubbi e con tante magliette rosse nell’armadio pronte per essere indossate.

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