La biondina e l'idraulico, di Andrea Quadrani

 
La notte passa male. Mi sveglio di continuo. Sono agitato. Domattina mi devo svegliare presto anche se sabato, e risolvere un problema. Il mio lavoro sta anche in questo. Sudo anche se non è caldo; e sbuffo. Sbuffo come una caldaia arrugginita e stanca che sta per essere dismessa lo sa ed è preoccupata. Anch’io. Non dovrei, ma lo sono. È sempre lavoro mi racconto in continuazione. È sempre lavoro. Di questi tempi, non si può non pensarlo sempre. Già. Ma lavorare nelle case, nel privato della gente non è semplice, anche se è appagante. A tutte le ore arrivi nelle case, su e giù per le scale con la borsa pesante degli attrezzi, sudi, suoni, saluti, e poi via nei bagni. I bagni. Non ci si pensa spesso ma il bagno è un luogo eletto. Un luogo dove la mente si apre. Dove sei solo. Dove puoi pensare. E tutte le voci che provengono da fuori, dal mondo normale, ti appaiono, lontane, lontane, non solo dai bisogni fisici naturali, ma anche dai tuoi pensieri forti, veri. In disordine, in ordine, però alla fine tutti simili i bagni: con carte igieniche dei colori più strani, asciugamani, colorati e bianchi e candidi e grigi; giornali e riviste di tutti i tipi; docce dove improvvisarsi cantanti; bidè all’inglese, alla normanna, alla giapponese; e water dove prendono forma i pensieri più arditi, le imprese più alte, le decisioni più difficili. La mia è una missione. Me lo ripeto sempre quando sono steso, sui pavimenti dei più strani o quando cerco di raggiungere tubi nascosti, rompendo mattonelle azzurre o rosa o verde. La missione di tenere il bagno sempre fisso al suo obbiettivo: essere la stanza principale della casa. Poi i proprietari. A volte sanno di essere degli eletti e glielo si legge in faccia, altre volte no. Quando vedo esseri umani che si scusano, quasi mortificati, delle condizioni del bagno o addirittura entrando nel bagno, sorridono imbarazzati, beh, ragazzi, il problema è vostro. Il mio compito è solo quello di rendervi il bagno attivo. Per sistemare scuse e sorrisi idioti, vi serve qualche altro missionario. Questa volta però è diverso. E l’ho capito subito alla prima occhiata, appena me la sono trovata davanti la prima volta. Una ragionevole bionda. Non di quelle che vedi, ti colpisce subito e poi più nulla. No. Di quelle che non ti levi dalla testa. Con degli occhi, ragazzi, degli occhi, radiosi ed intensi, quasi come quelli di un’idraulica. Ed io ho un problema con le bionde; tinte, vere, trapiantate. Ho un problema. Mi piacciono troppo e rischio di non andare in fondo alla missione. Di sbagliare. Di rovinare tutto. Tutta una vita. perché se si sbaglia una volta sola, è la fine. Forse non per gli altri. Ma per me sì. Per questo ero agitato. Per questo non dormivo. È mattina. Mi sveglio. Vado nel mio bagno, a pensare. Esco. Cucina. Caffè. Mi vesto. Scale e monto in macchina. Per strada penso il meno possibile. Devo stare tranquillo. Mi concentro pensando a siepi di tubi. Arrivo. Suono il campanello. Clac del portone che si apre. Salgo le scale e vedo davanti a me… la domestica. La signora dorme ancora, mi dice. Resto muto. Non mi sembra vero. Poi mi scuoto e vado in bagno. Quando finisco, esco, e subito in strada, contento, respiro e respiro, pensando all’acqua calda che è tornata a scorrere copiosa.

Commenti

  1. Idraulica? Sì.
    Bionda? Sì
    Tinta e trapiantata? Sì

    Sì sì sì, io la lei la conosco. L'idraulico invece non so, il mio mi sembra un po' mona, non così filosofo...

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  2. Ah, les plombiers philosohes....
    Per caso, Andrea, l'idraulico del racconto ha la pelle scura?
    mmzz

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