La mia vittima, di Andrea Quadrani
La mia vittima si sveglia al mattino
quasi alla stessa ora mia. La mia vittima si alza dal letto e pensa cosa fare
del giorno. Esce da casa e si avvia verso il nostro appuntamento. Lei non sa
che ci vedremo e neanche io. La mia vittima è mia nella mia testa, devo ancora
vederla dal vivo. So però che esiste, lo sento. La mia vittima cammina lenta
verso il centro della città. Non sa ancora se camminare nel centro o spostarsi
verso la grande piazza e camminare là. Nella seconda ipotesi mi
avvantaggerebbe, nella prima, potrebbe non essere la mia vittima. È lei che
decide. Io sono un elemento secondario. Sono alle sue dipendenze. Sono succube.
Mi piacerebbe molto decidere. Non è facile. La mia vittima sceglie per me e mi
fa felice: sceglie per la grande piazza. Arriviamo insieme ma da due direzioni
diverse. Lei non si può non notarla, è troppo vistosa, fa di tutto per essere
protagonista e, purtroppo per lei, vittima. Io mischio bene la mia persona tra
le altre. Non mi riconosce nessuno, riesco anche a imbrogliare me stesso. La
mia vittima vestita di abiti dai colori intensi cammina a zig-zag verso di me,
girandosi e tentando di comunicare con tutti quelli che incrocia. La scansano
in molti. Devo fingere anche io di evitarla, così che cada nella mia rete da
sola. E fare il suo ruolo di vittima fino in fondo. Oramai mancano pochi passi
da noi. Il suo e il mio destino si stanno per fondere. Mi fermo per farle
credere che la voglia evitare anche io. Fermandomi però è mia. Lei cade nel
tranello e si avvicina. La sua gonna ampia rossa e bianca dal movimento passa
alla immobilità. Siamo lei ed io. Di fronte. Parla prima lei:
- Ciao ciao ti leggo la mano ti predico
il futuro buone cose buone cose.
La zingara vuole prevedere.
La guardo negli occhi e cerco di andare
più in fondo possibile dentro la sua anima. Poi apro la mia di bocca e dico
alla mia vittima:
- Non voglio sapere il futuro, grazie,
mi rovini tutta la sorpresa. Vorrei invece che mi predicessi il passato e il
presente, quelli sì.
La mia vittima mi guarda in maniera
strana. Vorrebbe andare via. E’ inquieta. E’ la prima volta che accade a lei di
abbandonare per prima, di scansare la propria vittima. E lo fa. Rattristata. Va
via. Pochi passi e si gira. Mi vede ancora là fermo che la guardo soddisfatto e
contento, contento di aver fatto anche oggi una vittima.
Bello bello!
RispondiEliminaPiaciuto moltissimo!
mmzz