Racconto di Natale duemilaquindici, di Andrea Quadrani
Ventiquattro dicembre; mattina presto;
il corteo volante di Babbo Natale transita sopra uno spiazzo della Patagonia Centrale
e vi atterra senza troppo baccano. Le renne compiono la manovra, dopo un’ampia
virata a destra. Nei dintorni è tutto tranquillo; Babbo Natale con i suoi
aiutanti, dopo aver dato da mangiare alle renne, licheni e foglie di salici e
betulle e anche un po’ di carici, che non guastano mai, parte per dispensare i
regali ai bambini della zona. Una delle renne però si accorge che la briglia e
le redini con le quali è attaccata alla slitta, sono quasi sciolte. È la renna
di coda, di destra. Prova a scuotersi un po’, facendo finta di spostarsi per
mangiare meglio e si trova libera. Resta un attimo ferma, come se non si
rendesse conto di quanto accaduto. Le altre renne sono molto impegnate a
brucare. Lei, guardandosi intorno con lentezza, e, con la massima
circospezione, si allontana dalla carovana natalizia con l’idea di esplorare i
dintorni. Babbo Natale, elfi e gnomi, più qualche fatina, si stanno intanto, dando
velocemente da fare, tanto da accorgersi meravigliati di essere in anticipo sui
soliti tempi di consegna. Finita la distribuzione, tornano veloci alla slitta,
montano tutti su e partono; Babbo Natale non si accorge della renna mancante,
perché in quel giorno, il lavoro si svolge più veloce delle previsioni e, anche
se avverte che la slitta tende a volare troppo da un lato, pensa subito allo
spostamento del carico dei regali, che non alla fuga di un membro della
spedizione.
Intanto la renna, satolla per l’ampia
mangiata del cibo di Babbo Natale, dopo una lunga camminata verso sud, trova un
giaciglio che le pare propizio, si adagia e si addormenta.
Quando si sveglia da distesa, vede
subito due occhi neri che la guardano da molto vicino, molto molto, una spanna
quasi. Si tira su lentamente con le zampe iniziando da quelle posteriori, e
cerca di capire chi è il possessore di quei bellissimi occhi. È uno strano
essere che ha seguito il suo risveglio nel completo silenzio, e ancora adesso è
là che la guarda senza dire nulla ma mostrandosi molto attento; un essere
piccolo e molto elegante, con il corpo diviso in due colori: il dorso nero come
la notte e il resto bianco come la neve e una piccola macchia arancione dietro
la testa; ha due strani piedi e un visino ancora più strano, con un bel becco
lungo e lucente; tutto l’insieme è adorabile. Lui, perché di essere ‘lui’ certamente
si vede, la sta ancora guardando in silenzio; pare quasi che la stia
‘adorando’; lei allora gli gira lentamente intorno e abbassandosi col muso, lo
annusa con dolcezza: sa di mare e di buono. Anche lui fa un piccolo passo in
avanti e la annusa: sa di erba e di neve. Il momento è talmente magico e ricco,
che nessuno dei due osa tradirlo con una parola o un rumore; come se il momento
fosse un cristallo e loro due dentro, appagati solo dalla presenza dell’uno e
dell’altra, senza divisioni, allusioni, incomprensioni. Il corpo di lei dal
color grigio chiaro è scosso da piccoli fremiti, che cerca di mitigare, girando
intorno al pinguino; sì, lui è un pinguino principe della Patagonia. Fremiti
non di freddo ovvio, che lei di freddo si nutre ogni giorno e infatti, che
siano fremiti da caldo, la conturbano e insieme le mettono ansia. Lui è al centro
di questo rito. Lui che è abituato dalla Natura a essere l’artefice del cerchio
intorno alla femmina, è turbato anch’esso e anche lui è ‘preso’ dall’evento. Il
mondo d’attorno a loro non esiste più. Cioè, è presente, ma muto e cieco di
fronte all’amore che sboccia e si muove e scorre ed esiste. Loro sono il mondo
in questa fine del duemilaquindici. Loro sono. E loro saranno. Anche se
all’apparenza diversi. Anche se all’apparenza strani. Si guardano e si amano.
Babbo Natale in cielo sopra di loro, tornato
alla ricerca della renna scomparsa, ammira tutto ciò e commuovendosi guida il
corteo natalizio verso nord, verso il Brasile.
AUGURI DI SERENE
E GIOIOSE FESTIVITA'
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