Il periodo, di Andrea Quadrani


Avete mai passato un periodo, una settimana, un mese, un po’ di tempo, sempre con l’acqua alla gola, l’adrenalina a mille, la sensazione di soffocare, di non farcela e mille altre sensazioni simili? Se sì, sapete già quello che sto per scrivere. A tutti gli altri che non hanno avuto questa fortuna, invito a continuare la lettura.
LUNEDI’: sarebbe il mio giorno libero; cazzeggio per casa, eseguo lavoretti vari, incontro persone, faccio cose. invece no! Oggi PENSO. E il pensiero mi arrovella talmente la mente, che non mangio, non bevo, soprattutto non dormo. Il sonno è l’indispensabile che in questo periodo mi manca di più.
Il bello che il fisico pare non preoccuparsene intento com’è a cercare nuove ispirazioni di disagio. Ciondolo per casa con un mal di testa appena accennato quanto basta per farmi passare una giornata stupida e inoperosa. La sera ho un appuntamento con un’amica: ci esco anche, ma il peso delle cose ha il sopravvento e cado in letargo precoce. Per fortuna (!) anche lei è stanca e così andiamo a letto prestissimo, ognuno a casa sua. Per fortuna (!) è la mia serata libera. Come un’ameba sonnolenta scivolo dentro il letto e mi addormento e mi sciolgo dentro i sogni.
MARTEDI’: inizia la settimana lavorativa. L’acqua alla gola è sempre più nera e limacciosa; non fate l’onda, non fate l’onda, diceva quello, e quello la sapeva lunga!
Tutte le situazioni più preoccupanti sono arrivate al pettine, come un’enorme e aggrovigliata testa piena di capelli non sistemata da giorni. Il caos incombe già nella mia mente, ma, devo cercare al meglio di crearmi uno spazio di manovra e partire; chi ben comincia è a metà dell’opera: facile a dirsi, voglio vedere lui (l’ideatore del ‘detto’) alle prese con la realtà delle cose. Illuso.
La preparazione e pianificazione del lavoro stanno prendendo il sopravvento sul lavoro; non dovrebbe essere così, ma tant’è, me ne devo fare una ragione perché la settimana è ancora lunga e piena d’insidie nascoste. Il destino ne sta giocando di tutti i colori; è tutto un rincorrersi con lui per la supremazia della vita. Lui è in vantaggio, il bastardo, ma non sa ancora con chi ha a che fare, o sì? La giornata si srotola in allegria e con allegria finisce; scivolo ancora dentro il letto e chiudo gli occhi. . . . . li riapro, li richiudo. . . . . li riapro, li richiudo. . . . .
MERCOLEDI’: il secondo giorno è un po’ più solare del precedente, ma non m’illudo, è sicuramente un inganno; sono vigile in attesa di qualche nefasto accadimento e la vigilanza crescente fa si che il nervosismo se impadronisca del mio corpo, come un subdolo Alien. Cerco la calma, ma più la cerco, più essa mi sfugge, è un rincorrersi spasmodico che riesce nel compito di rovinarmi la giornata fin dall’inizio. Così i giochi sono fatti ed io sono ridotto a mettere le barrette sulle ore che passano come un condannato a una pena orribile. La giornata passa poi con una lentezza totale, che getta nel subbuglio quel poco di normalità che resta. Non mi resta che tentare di estraniarmi e pensare alla fine di questo supplizio.
GIOVEDI’: siamo alla metà della settimana.. dovrei essere più tranquillo, ma la tensione crescente aiuta già l’insorgere di piccoli errori, alcune inesattezze, che non aiutano certo il regolare andamento lavorativo; poi sicuramente alcuni clienti già iniziano a notare la situazione; mi guardano in maniera strana, o sono io che mi sto facendo influenzare? Non lo so. Certamente non sta diventando una situazione piacevole. Mi sento come davanti a una diga che sta per crollare, ed io che cerco di tappare i piccoli buchi che si aprono sempre di più, di più.
VENERDI’: il giorno più difficile della settimana! La sera prima ho fatto molto tardi con alcuni clienti, e per di più amici, ai quali non ho potuto dire di no, nonostante la stanchezza che mi attanagliava. Venerdì dicevo, è più che la mezza settimana, ma è anche l’inizio del finesettimana per gli umani i quali come novelli unni sciamano per le strade in cerca di cibo e di corpi per saziarsi. Non ne posso più di questo circo melenso.. voglio silenziooooo! Anche la musica inizia a darmi fastidio; sono proprio messo male; cerco di svagarmi pensando ad altro anche mentre servo a tavola; sono bravo e questa situazione non la faccio pesare alla gentileclientela che è quell’Entità che mi da il pane ogni giorno; la gentileclientela pare apprezzi la mia evidente abnegazione: mai come in questi giorni sono fioccate le mance, e meglio così. La serata va giù liscia come il velluto e finisce dritta dritta dentro il
SABATO: un giorno radioso, che mi mette stranamente di buon umore. So già che stasera lavorerò, magari tanto, ma che la penitenza è quasi finita. La serata inizia nel migliore dei modi, ma ovviamente è un’illusione; la gente continua a entrare e, più il locale si riempie, più la situazione s’ingarbuglia, tutto rallenta e la tensione inizia ad attanagliare lo stomaco di tutti i presenti, da entrambi i lati della barricata; et voilà, una serata partita bene, pian piano cade dentro un baratro di follia.
Era troppo bello per essere vero. Due ore di tensione fortissima, e poi gaiamente sull’onda di fumi di diverse categorie, si rientra nella normalità e qualche avventore resta con noi a meditare con sul tempo e sulla vita e sull’immortalità dell’anima.
DOMENICA: l’ultimo giorno! Mi sento fiacco, anche lo scrivere di questi giorni mi risulta pesante e la tentazione è di lasciare qui le memorie. Sento la fatica soprattutto mentale, quella fisica ormai non la sento più, e tremo al pensiero, visto come si è srotolato ieri sera, di cosa possa accadere stasera; devo prendere ciò che verrà col medesimo spirito e pensare che tutto ciò è accaduto ed è stato fatto per uno scopo superiore: servire e godere; servire la gentileclientela e goderne i frutti, che poi non sono necessariamente materiali, ben importanti, ma anche morali, psicologi a volte psicotici; questo lavoro è una droga, una droga buona, eticamente valida, ma sempre di droga si tratta, bisogna imparare a dosarla e valutare sempre gli effetti che ha. Capito questo, e ce ne vuole di tempo, le situazioni si chiariscono e si riesce a sopportare qualsiasi situazione nel modo migliore; avanti allora! All’attacco della serata!
L’ultimo atto di questo faticoso e delirante periodo si è compiuto; un miscuglio di adrenalina, sentimento, sudore e l’appagamento di chi sa di aver agito bene, non solo tentato di agire bene. Mi sento appezzi ma, man mano che la serata finisce di essere, la felicità sale.

Non c’è molto altro da descrivere. Posso solo lasciare un monito alle generazioni future che vorranno, in piena libertà, agire come ho agito io. Credetemi, bisogna vivere un periodo così, settimana per settimana, per capire veramente che lavorare in un ristorante non è un lavoro, ma un assedio continuo alla propria schiena, alla propria testa e alla propria sanità mentale. Allora pensate bene prima di iniziare un’avventura simile. Solo le persone elette saranno in grado di sostenere tutto ciò, ed esserne addirittura ap-pagate, se non anche felici e liete. 

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