Le avventure dell'uccellino-mangiatore-di-briciole, di Andrea Quadrani

Qui nel Granducato di Toscana, uccellini ce ne sono tanti. Ma mi manca tanto il mio fido uccellino-mangiatore-di-briciole. Non l’ho sognato; non è venuto fino a qua (e ci mancherebbe), lo sgriderei per lo sforzo, e poi, però lo abbraccerei con le mani a coppa, come un campione che si rispetti. E penso a lui spesso, egoisticamente meditando, se lo ritroverò al mio ritorno. Probabilmente sì; essendo lui ghiotto di prezzemolo ed essendo l’erba magica cresciuta già molto, penso che andrà spesso nel terrazzino a farsi una bella insalata sgarbante. Questa mattina ho avuto un tuffo al cuore: mi è sembrato di vederlo sulla ringhiera del terrazzo, ma non era lui. Non aveva quella particolare macchia nera sopra l’ala sinistra. Ancora qualche giorno e la mia feconda voglia sarà soddisfatta. Sono ormai legato a lui da una sorta di laccio spirituale. Direte, con un uccellino? Beh, piuttosto che non averlo proprio, direi che non c’è male, a parer mio. Elucubrando su natura e disponibilità al dialogo, mi alzo per andare a pranzare, quando, alle mie spalle, sulla ringhiera di cui sopra, avverto un suono metallico anticipato, dal tipico rumore di uccello in atterraggio. Mi volto e vedo un grosso piccione che guarda me anch’esso e rapidamente alza la zampa come a indicarmi. Sono sorpreso e non so come comportarmi, mentre il pennuto resta là, ritto sull’altra zampa, in attesa. Apro con lentezza la porta-finestra attraverso la quale si accede al terrazzo e mi avvicino al volatile; intanto lui sta, poveretto, tremando per lo sforzo di tenersi su una zampa sola e vedo nell’altra, attaccato con fango e mollica di pane, una foglia di prezzemolo: bella, lucente, pulita e su un lato un piccolo segno di beccata. La prendo con delicatezza e faccio un passo indietro. Il piccione si sgranchisce un po’ la zampa-messaggio, e poi parte lesto; fa un mezzo giro come di saluto e sparisce dietro una casa. Rimango là con questa foglia in mano non sapendo che fare.
Ci pensa l’istinto a darmi l’idea: la metto in bocca e la mastico. Sa di aria, di verde e di magia.

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