Sorprese, molte sorprese, di Andrea Quadrani


Sono seduto da tempo su una panchina del parco davanti alla casa dove abito. La panchina è comoda e comodo è anche il suo color verde, verde rassicurante. La vernice è scrostata dal tempo, dalle intemperie e da qualcuno che ha scritto qualcosa. La vista davanti a me è luminosa. Essendo il parco pieno di alberi di molte specie e dimensioni; il verde di varie tonalità, spezza l’azzurro del cielo e lo rende più luminoso. Tutto l’insieme è aiutato dall’assenza di nuvole. Neanche una. Sono appoggiato su questo legno verde ben tagliato e godo della fresca aria, dei profumi provenienti dagli alberi, e anche dall’essere appoggiato con serenità. Sono solo. È il momento che il parco non è attraversato dai suoi abitudinari esseri e abitanti. Badanti e badate; cicliste; suore; vecchietti con quadrupedi di tutte le età entrambi; passanti normali; nullafacenti e nullaessenti. La musica del silenzio sta creando armonia dentro di me e anche qualcos’altro di più pratico, la sonnolenza. Mi rilasso volutamente ancora di più. E così come gesto involontario alzo il braccio destro e lo stendo tutto, tutto fino alla mano, tutta la pelle vibra nell’aria, mentre socchiudo gli occhi, e, sbam! Qualcosa di piccolo e acuminato ha colpito la mia mano; me ne rendo conto anche a occhi semichiusi e li apro quindi velocemente e quello che vedo mi fa aprire anche la bocca, restando là, fisso con questa ‘O’ piantata sotto il naso e gli occhi spalancati.
Centinaia di piccole bustine gialle, solcano il cielo davanti a me; non solo il cielo ma tutto il mio campo visivo è coperto dal vortice di giallo. Resto seduto più per la sorpresa che per la paura di essere colpito. Sono centinaia, migliaia. Mi chiedo nella mia mente cosa possano essere. Mi giro con la testa qua e là per vedere se son l’unico testimone dell’evento. Pare di sì. Sono talmente sbalordito che mi accorgo solo ora, che l’oggetto che mi ha colpito è fermo sulla panchina accanto a me. Lo guardo con un po’ di timore. Senza timore però lo prendo in mano delicatamente; la curiosità è molta e troppo tiranna.
È una bustina gialla di piccole dimensioni; già aperta; la apro del tutto e guardo al suo interno; c’è un bigliettino giallo anch’esso; lo prendo e lo leggo; c’è scritto:
“Ci vediamo davanti al solito bar. Tvb”.
Resto fermo per un tempo indefinito con quel foglietto in mano. Cerco di capirne il senso. Non è per me, questo è sicuro. È per qualcun altro o altra. Come mai è arrivato a me? Ricordo allora che avevo alzato il braccio. L’ho intercettato quindi. Faccio una prova e senza cercare di prenderne uno al volo, alzo il braccio, come prima fingendo di sgranchirlo. Stac! Eccone un altro. Lo prendo, lo apro, trovo il bigliettino e lo leggo:
“Grazieeeee infinite Laura!! Bacio bacio”.  
Inizio ad avere un sospetto. Alzo gli occhi e la miriade di bustine gialle séguita a viaggiare in tutte le direzioni e altezze. Non posso crederci. Caspita! È troppo magico tutto ciò: sono SMS! VEDO gli ‘sms’ che volano e vanno e rivanno. Sono estasiato. Quanta umanità in tutte quelle bustine. Quanti sogni. Quanto amore. Sono estasiato e commosso. La mia reazione a quella magia è godermi lo spettacolo in silenzio e col sorriso sulle labbra; prima però, prendo i due messaggini intercettati; li imbusto e li lancio in aria, con lo stesso impeto e forza e memoria, di quando facevo lo stesso gesto con gli aeroplanini di carta a scuola; le bustine si fermano un attimo in aria, come per ritrovare l’orientamento e poi ripartono leste verso i loro destinatari.  
Anche io mi alzo dal mio abbraccio verde, mi fermo un attimo in piedi, in attesa come le bustine, di un orientamento. guardo in tondo e poi mi incammino verso l’ovunque e il quindi.



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