Il Futuro, di Andrea Quadrani
Arrivai al panificio di quartiere, in
una gelida mattina di fine gennaio. Poche macchine passavano nella via. Un paio
di persone a piedi, cercavano di stare in equilibrio su delle piccole placche
di ghiaccio. Anch’io camminavo a testa bassa per non incorrere nella bianca
resa. E così feci anche salendo i tre scalini che portavano alla bottega del
pane. Spesso è proprio alla fine del percorso, qualunque percorso, quando ci si
sente ormai sicuri e zac! Accade l’imprevisto.
All’interno insieme al bel tepore e
profumo di pane, c’era un solo cliente: Jacopo, il bambino che incontrai a
dicembre e che ci parlò, alla commessa e a me, dei suoi regali. Stava
aspettando di essere servito; controllava con diligenza il bigliettino che aveva
in mano, scritto dalla mamma, e le azioni della commessa. Sotto il piede
destro, ben saldo, teneva un pallone da calcio blu e bianco, con una scritta stampata
sopra, ormai logora dai calci e dalle lotte e illeggibile. Venne più forte di
me chiedergli che ne era stato del super telefonino carico di colori e giochi,
che i nonni gli regalarono a Natale. Alzò gli occhi su di me, esitando un poco,
aprì la bocca e disse tutto in un fiato:
- Ho visto con i miei genitori un
programma in televisione che spiegava che il mio telefonino era il frutto di
tanto dolore per i bambini come me, laggiù in Africa. Che morivano in
tantissimi per estrarre da miniere il materiale per farli; che erano morte
milioni di persone; che chi commerciava il materiale per fare il telefonino,
faceva tanto male alle mamme e ai padri, come i miei giù, in Africa. Allora non
ho ascoltato nemmeno i nonni che mi dicevano di non importarsene, che tanto
l’Africa è lontana, l’importante era la nostra sopravvivenza. E allora ho preso
una decisione tutta mia: non lo uso più. Ormai il danno è fatto ma non lo uso
più.
Queste ultime parole erano accompagnate
dai pugni ben chiusi e da una vocina sottile da lacrime sommesse.
Io restai immobile; la commessa pure,
per un attimo, forse a pensare forse no.
Il freddo che mi avvolgeva ed era anche
in me entrando nel negozio, alle parole di Jacopo, era scomparso, man mano che
il suo discorso proseguiva.
Adesso stavo bene.
Lui era ancora un po’ scosso e allora
gli misi una mano sopra la testa per fargli una carezza di tranquillità. Si
girò e mi fece un bel sorriso. Intanto il suo pacchetto era pronto, pagò con le
monete giuste e uscì col pallone magicamente arrivato nelle sue mani.
Avevo la sensazione di aver toccato il
Futuro e mi rasserenai.
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