L'approdo sicuro, di Andrea Quadrani


Esco da casa e chiudo l’uscio con quattro giri di chiave. Scendo le scale con assoluta lentezza, non per fatica, ma perché esse sono malandate da scarsa cura. Arrivo nell’atrio ed esco. Il cielo è azzurro come sempre, c’è il sole come sempre e qualche piccola nuvola sola sola che naviga tra qualche scia bianca, come se il cielo avesse preso il posto del mare. Prendo la strada verso sinistra; la mulattiera com’è chiamata ormai da molti, qua intorno. Il sindaco i soldi li usa diversamente, sa lui come. Noi no di certo. Cammino sulla strada proprio perché anche se mulattiera, non si può certo confrontare con il marciapiedi. Marciapiedi, una volta si poteva chiamare così, oggi tra carrozzine spinte e con dentro, tutto tranne italiani e biciclette che rifiutano la strada, il nome sarebbe da cambiare. Che ci pensino, chi di dovere, che noi abbiamo altro a cui pensare, altro, tra soldi in tasse ingiuste e bollette strane. Svolto a destra e dopo qualche passo arrivo dallo spacciatore di giornali; acquisto il giornale locale e lo metto al riparo sotto l’ascella sinistra. Esco, lo apro e gli do una scorsa veloce. Ecco, la notizia principale ormai è sempre quella, ogni dannato giorno: l’invasione dei profughi. Ne sono arrivati altri quindici. Che male abbiamo fatto! Le ondate si susseguono ormai. Siamo proprio al mare, ondate su ondate. Certo che alcuni barconi purtroppo per loro si rompono e affondano. Vabbè, il rischio lo sanno qual è no? C’è rischio anche per noi, quando saliamo in macchina e andiamo in giro. Ognuno ha il suo rischio. Per fortuna ognuno ha anche il suo approdo sicuro, dove stare bene; ci sto andando proprio ora. Cammino per qualche metro e poi svolto a destra. Passo vicino a un cestino e, per terra davanti a lui, ci sono delle cartacce. Sforzarsi di centrare il buco proprio no, vero? Mi piego su me stesso e alzandomi getto dentro il lerciume, con soddisfazione. Ahh, che bello l’ordine. Continuo a camminare e dalla parte opposta della strada, vedo due ragazze che si tengono per mano. Non sono proprio amiche e si vede, non lo nascondono. Mah, ai miei tempi non succedeva. Se esistevano, queste cose le facevano a casa loro. Piuttosto che così davanti a tutti, persino davanti ai bambini. Giro a sinistra per evitarle anche con lo sguardo e vado verso il supermercato a comprarmi due robine. Esco svelto, perché dentro è davvero troppo freddo rispetto a fuori. Lo sbalzo della temperatura è enorme. Fuori c’è il solito negretto che chiede gli spiccioli. Mi spiace son di fretta l’approdo mi aspetta, la prossima volta eh! Guardo l’orologio, i tempi sono giusti, ma solo quelli del quadrante purtroppo; i nostri tempi non sono giusti neanche un po’! Prima di girare di nuovo a destra e addentrarmi nel parco dagli ombrosi alberi, percorro qualche metro in più, per potermi sorbire un bel caffè in un bar, là all’angolo. Proprio davanti a me è ferma una macchina della Polizia. Che cosa sarà successo? Vado a vedere. Passo accanto alla vettura e, dentro due poliziotti si stanno baciando. Due poliziotti uomini capite? Mi gira un po’ la testa e mi appoggio al muro. I due mollano la presa carnale ed escono venendo verso di me. Ha bisogno di aiuto signore? Mi chiedono quasi allo stesso tempo. No no no, rispondo; forse un colpo di caldo, e tra me penso, l’aiuto dovreste chiederlo voi, maleducati. Mi riprendo e muovendomi faccio loro un segno di saluto, non sia mai che capiscano cosa ho in mente. I due maschi rientrano nella macchina, mentre io ho perso la voglia del caffè. Mi gira ancora un po’ la testa ma vedo là in fondo, l’approdo sicuro che mi attende. Mi trascino fino a lui ed entro. È fresco e c’è silenzio. Tranquillità. Bello. Mi siedo su un banco in fondo all’approdo, non prima di essermi fatto il segno della croce come saluto.

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