Il Sorriso, di Andrea Quadrani


Leggo e sento in continuazione, ovunque, da tutti, di sorridere, sorridere sempre in ogni situazione, soprattutto le brutte, in modo che chi ‘ci vuole male’, non possa farci alcunché; non possa oscurare la nostra vita; non possa godere dei nostri guai. 
Io sono in completo disaccordo. 
Mi sento di essere una anima libera. Libera di provare emozioni, tutte; tutte le emozioni, come i colori dell’arcobaleno e le loro sfumature. Mi sento libero dai giudizi della gente; proprio non me ne importa; scorrono sopra i miei pensieri e la mia vita, come l’acqua di una cascata; qualche goccia rimane attaccata, ma va via subito asciugata dalla mia coscienza. 
Le emozioni, tutte, mi fanno sentire davvero vivo. Far apparire in pubblico, solo un aspetto, quello giocoso e felice e pure forzato, anche se albergano in me ombre, è un colpo inferto alla mia natura; all’essere un essere umano a trecentosessanta gradi. 
Non so se i fautori di questa ‘tattica’ possano sentirsi in questo modo davvero liberi. Per me la libertà è la capacità di esprimere. Esprimere qualsiasi sentimento, qualsiasi sensazione, qualsiasi luce o ombra alberghi in me. L’essere legati alla doppia schiavitù dell’essere sempre felice e con sforzo anche, e dell’essere legati al pensiero altrui, porteranno nel tempo solo danni. 
Reprimere gli stati d’animo, è l’inizio della fine per l’anima. Non sono fatto per questo. Neppure le altre anime lo sono. Cercano in tutti i modi di farglielo credere; ma non è così. Con questi ragionamenti non voglio apparire il barbogio di turno; mi piace l’allegria, la giovialità, la gioia, la spensieratezza. Non sono però il tutto. Il tutto è il tutto e farselo portare via per paure o voglia del quieto vivere, è violenza, di quella sottile, di quella che all’apparenza non fa male, ma che sotto sotto lavora e gratta là dove siamo davvero più deboli; al primo imprevisto cadrà il velo e apparirà la realtà. 
Allora il sorriso e la gioia, quelli sinceri, frutto di situazioni che le creino e le stimolino, spariranno davvero forse per sempre. Perché sforzarci di apparire come non siamo? Perché fare sempre il gioco degli altri? Perché non amarci davvero; già, perché? Perché giocare con i nostri sentimenti? Perché aver paura di dimostrare quello che siamo davvero? Perché recitare le varie parti che ci vengono affidate da altri? Cosa spinge a crederci? 
È tutto cosi strano. Così vacuo. Così spaccato. 
La vita è tutto. 
Viverla senza essere schiavi di nessuno, sempre, neanche di noi stessi figurarsi degli altri, è il modo, l’unico che io conosca, per celebrarla appieno, per viverla appunto. 
Per me questo è il punto, e anche l’accapo.

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