25 Aprile, di Andrea Quadrani



Sono seduto sull’erba di una dolce collina, su un prato verde, un verde intenso, accecante per il riverbero del sole che investe le piante con incredibile voluttà. Davanti a me si snoda la strada principale, che scende dal paese e corre attraverso le colline e poi di là verso il mare. C’è abbastanza silenzio, se non fosse per il rumore di qualche motore che romba verso il mare. Tutti nella stessa direzione.  
Un improvviso pio pio alla mia sinistra, mi fa scorgere un gruppo di galline, che faticosamente cerca di superare il dislivello del terreno. Scavo nella memoria e trovo subito dopo un piccolo pezzo di pane, in una tasca del mio giaccone; lo sbriciolo e lo lancio in direzione dei pennuti. Una gallina più lesta delle altre raggiunge un pezzo più grosso, che era caduto più vicino a me e inizia a picchiettarlo per mangiarlo nel modo giusto.  
Mi rivolgo a lei chiedendole se anche loro erano state da poco liberate. Mi guarda come stordita e replica che sì, erano state liberate da un grosso rumore e una luce accecante, piovuta sul loro pollaio; tante loro compagne erano morte.  
Intanto sulla strada il traffico è in notevole aumento. Automezzi e moto di tutti i tipi carichi di uomini e ragazzi con lo sguardo stanco e sconsolato, rombano verso il mare. Paiono tutti rotolare. Adesso in lontananza si vedono anche uomini e ragazzi salire sulla collina davanti a me, a piedi, e poco dopo sento l’approssimarsi di qualcuno anche sulla mia.  
Mi stendo sul manto soffice e chiudo gli occhi. Penso a pochissimi anni fa, quando milioni di italiani col braccino destro alzato, salutavano un uomo grosso e pelato e a lui affidavano le loro vite. Dove erano tutti questi adesso. Erano scappati? Erano morti? Oppure semplicemente avevano cambiato idea, così, come si cambia un cappello o una camicia.  
Difficile giudicare e pensare.  
Difficile davvero.  
Almeno per me.  
Altri credono invece che sia facile la risposta. Sento i passi che si avvicinano. Gli uomini e i ragazzi sono quasi in cima alla collina, dove sono disteso io. Ho gli occhi chiusi però, non voglio vederli, proprio non ne ho voglia. Penso che le galline siano già tutte scappate. Con la fame che c’è in giro, meglio non fidarsi di nessuno. Non solo di chi ha fame. Sono arrivati, sono accanto a me, urlano domande alle quali io non ho risposte, o forse non capisco le domande. Poi restano muti.  
Non mi accorgo di nulla mentre la pallottola, dopo lo sparo, mi attraversa la testa facendosi largo tra le mie idee e i miei pensieri.  
La mia anima sale staccandosi dal corpo e mentre va su, vede quegli uomini e quei ragazzi salire e scendere le colline, ponendo le basi per la costruzione della futura Grande Nazione.

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