Cinque maschi assassini e una donna gentile - di Andrea Quadrani


 

- Giacomino! Giacomino! Vieni qua dai che ti do la 

pappa. Dai Giacomino! Vieni vieni!


La signora Linda era ancora in lotta con il suo Giacomino, un orrendo pappagallo obeso che era stanziale nella gabbia che lei gli aveva preparato. La porticina della gabbia era ancora in grado di farlo uscire ed entrare, nonostante la sua grassezza, ma lui succube ormai della signora e del suo cibo, non svolazzava più. Al massimo si sporgeva sul ciglio della gabbia a guardare il bel mondo esterno, fuori dal campo visivo dei fili metallici della gabbia.

Quella mattina però sia Giacomino, sia la signora Linda, non cedevano. E lui in più, con un filo di voce garbata e innocente, protestava la sua libertà di mangiare o no.

Questo tira e molla avveniva ormai da molti giorni verso le dieci della mattina; dopo che la Linda si era alzata, aveva fatto le sue quotidiane abluzioni e la solita colazione; tutto uguale sempre; anzi non proprio sempre, qualcosa era cambiato dalla morte di suo marito. La vedovanza e il fatto che suo marito le avesse lasciato un bel gruzzolo per stare bene il resto della sua vita, l’aveva un po’ resa pigra e poco attenta alla vita che scorreva, come diceva lei, in giù. Fino a quando una solerte nipote non le aveva regalato un bel pappagallo verdolino con delle commoventi striature gialle, che lei chiamò subito Giacomino. Da allora si era tirata su e in parte rinata. Viveva sola in una villetta a due piani, alla fine della città della sua nascita. Non tanto distante dai mercati generali. E poiché non era proprio molto avanti con l’età, poco prima dell’arrivo di Giacomino, aveva dato in affitto tre stanze a cinque ragazzotti che lavoravano ai mercati generali; per avere qualcuno in casa, non si sa mai, e per fare quattro chiacchiere con degli esseri umani, così, di tanto in tanto. Preparava per loro colazioni e pranzi con gentilezza e cortesia, come se fossero dei parenti venuti da lontano. Poi però arrivò il sopracitato volatile.

Gli orari della vita di Giacomino, al quale la Linda si era affezionata all’istante, erano però spesso in conflitto con gli orari dei cinque ragazzi. E, in più, la qualità del cibo, che pur pagavano, stava scendendo sempre più.

Quella mattina poi il nome ripetuto: Giacomino Giacomino Giacomino, rimbombava sempre più nelle teste dei cinque, che solo da qualche ora erano tornati, dai mercati e erano quelle le ore del loro massimo riposo. Erano ragazzi, ma non erano sprovveduti, per cui, per prima cosa elessero un portavoce per andare a parlare a Linda e vedere di incastrare gli orari di tutti. Niente da fare. Giacomino aveva la precedenza e poi loro erano giovani, si dovevano adattare loro al povero animaletto indifeso. Allora cercarono un altro posto, dove andare ad abitare. Era un brutto periodo, perciò le ricerche non furono positive. La situazione peggiore fu quando il loro superiore al lavoro li redarguì varie volte, perché erano sempre stanchi e non riuscivano a fare i pur semplici compiti assegnati. Bisognava fare qualcosa e farlo presto; decisero quindi di eliminare Giacomino.

Era una faccenda complessa; intanto Linda era una donna anziana ed era sempre stata gentile con loro; poi l’anziana era sempre in casa, usciva raramente e la spesa o la portavano loro cinque, o se la faceva mandare dai vari negozi, tramite i garzoni da bottega. Doveva sembrare a tutti i costi un incidente; l’incaricato del giacomicidio fu scelto, per la fedina penale di uno di loro, un po’sporchetta, anche se lui asseriva di continuo che era stato vittima di un errore giudiziario. Il momento perfetto era quando la donna andava a messa la domenica mattina, anche se ci andava con tutti loro, che all’inizio non conoscendola e per tenersela buona, le avevano fatto credere di essere pii quanto lei. Bastava che uno di loro svicolasse dalla chiesa, magari sedendosi in fondo, mentre Linda e gli altri quattro erano sempre seduti nel medesimo posto a metà della navata centrale, dirigersi a casa, che era poco distante, e trovare il modo di farlo; gli altri quattro lo avrebbero coperto. Lui pensò che data la stazza che aveva raggiunto il volatile, bastava estrarlo dalla gabbia, con la porticina che era sempre aperta, e sbatterlo a terra per spezzargli il collo. Gli altri quattro approvarono il diabolico piano.

Il giorno arrivò. Coprirono lentamente il percorso dalla casa alla chiesa. Il colore del cielo era di uno strano grigio scuro, ma senza minaccia di pioggia. All’entrata nel luogo santo, Linda e i quattro maschi assassini si mossero verso il solito banco, mentre l’esecutore si sedette nell’ultima fila. Linda se ne accorse subito e chiese agli altri perché, loro replicarono che era l’anniversario del suo povero papà e voleva stare solo. Linda ci restò triste e pregò in silenzio per lui. L’esecutore spietato sgusciò lentamente dalla chiesa e si diresse, non per lo stesso percorso, ma con un lungo giro, al domicilio di Giacomino; il quale ignaro del suo futuro, si sorbiva la colazione che gli aveva preparato Linda: biscottini e crema pasticcera. L’assassino entrò in casa e si diresse verso la gabbia, proprio nell’istante in cui il pappagallo ruttava con soddisfazione. Meglio così, pensò il killer, l’ultimo pasto del condannato è stato gustato. Si avvicinò alla gabbia e mise la mano dentro per pigliare il pennuto. Non erano estranei tra loro, quindi Giacomino non si preoccupò dell’atto, ma quando l’esecutore iniziò a tirarlo fuori dalla gabbia, il pappagallo si preoccupò un po’, ma poi, appena fuori, ebbe una tale sensazione di libertà, che si divincolò dalle mani del carnefice, imboccò la porta rimasta aperta e volò via. Il ragazzotto rimase fermo senza sapere che fare; il piano era riuscito a metà; guardò l’orologio: la messa stava per finire; aprì una finestra, imboccò la porta e si diresse velocemente alla chiesa. Là i quattro e Linda erano usciti da poco e la donna appena lo vide lo abbracciò; lui si spaventò e si vergognò insieme. Poi però lungo la strada gli altri gli spiegarono cosa avevano detto alla vecchietta; la vergogna però rimaneva e in più non rispondeva nulla su com’era andato il misfatto. I quattro erano preoccupati. Arrivarono alla casa e appena entrata in salotto, dove c’era la gabbietta di Giacomino e vista la finestra aperta Linda cacciò un urlo e svenne.

Quando si risvegliò, aveva d’attorno i cinque ragazzotti e in aggiunta il medico, da loro subito chiamato. Il dottore le disse di stare tranquilla, di riposare, di … le solite parole scontate e forse inutili che ti dicono in questi casi loro medici e in genere un po’ tutti.

Le venne un po’ di depressione e divenne taciturna. Rifiutava dai parenti la possibilità di avere un altro pappagallo. S’induriva e rispondeva che il suo cuore era solo per Giacomino. Era spesso triste e i ragazzotti cercavano di tirarla su con ogni mezzo, non tutti però; il ragazzo che aveva compiuto il gesto, era roso dal rimorso e pensava ancora, se lo sognava anche, quell’abbraccio di Linda di quella brutta domenica. Linda era una donna forte e pian piano si riprese.

Tutto tornò alla normalità per i cinque ragazzotti, finché un giorno, mentre dormivano profondamente dopo una mattina di duro lavoro, si svegliarono sentendo gridare forte Linda dal piano di sotto:

- Giacomino, sei proprio tu, sei tornato e questa chi è, la tua compagna che bella che è! Giacomino e Giacomina bentornati!

Quattro ragazzotti bestemmiarono in cuor loro.

Uno si girò e sorrise anche nell’anima.



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