Taglia erba, di Andrea Quadrani
Tagliare
l’erba; il maschio italiano campagnolo e non solo, per dare alla sua vita
misera e caotica, un taglio giusto, nei momenti liberi, se ha un orticello o un
praticello, taglia l’erba. Sicuramente è un modo per esibirsi inconsciamente,
per farsi notare, per darsi una parvenza di pulizia, di moralità; fuori alla
vista di tutti, tutto deve essere ordinato e perfetto, lucido e levigato,
pulito; poi magari picchi la moglie e sputi sui figli, ma cazzo da fuori devi
essere irreprensibile. Ero certo di queste mie idee di queste mie affermazioni
precise, poi un giorno un fatto, anzi una fatta, mi hanno fatto cambiare idea.
Certo, un uomo, per essere un uomo vero, deve saper fare marcia indietro, deve
poter cambiare le sue scelte, deve decidere di non decidere a volte, è molto
importante riuscirci, ti fa sentire più libero, o solo è soltanto un’illusione,
anche questa.
In quel caso
però ero deciso a non cedere; non volevo mollare e volevo vedere dove e come
sarebbe andata a finire. Non sapevo ancora con chi avevo a che fare, purtroppo.
Avevo cambiato casa da poco e stavo con una tizia completamente fuori di testa;
alcolizzata quasi al mio livello, drogata di televisione e cibi pazzeschi e
strani, frutto di ricette che inventava o che vedeva in quei giornali di merda
che leggeva continuamente. La follia la seguiva in continuazione e di normale
in lei non c’era quasi niente, a parte la tremenda e maniacale voglia di
pulizia di qualsiasi cosa avesse o vedesse nel suo raggio d’azione. Pazzesco!
Un giorno, che non dimenticherò facilmente, se ne esce con questa voglia di
rasare alla perfezione il fraticello. Non solo cazzo ma in qualche giornale
subnormale, aveva letto che con particolari accorgimenti, si potevano creare
disegni e scritte, quasi fosse un tatuaggio o un taglio strano dei capelli ed
io ero la vittima sacrificale di quei pensieri; eravamo in vacanza e la vacanza
provoca queste voglie di fare comunque qualcosa; io invece pensavo: viva
l’ozio! Non gliel’avrei fatta, lo sapevo già quando cercai le prime scuse per
contrastare il mio “amore caro“. Iniziò alla mattina, potremo fare così, potremo
fare colà; era già sbagliato, avrebbe dovuto dire: potresti fare così e colà,
ma si sa le donne.. io resistevo con tutte le mie forze, ma lei aveva già
deciso tutto: taglio, disegno, quando. Tardo pomeriggio, facciamolo nel tardo
pomeriggio così sudi meno (ma non avrebbe dovuto dire sudiamo?!). Ero molto
teso ma ormai sapevo che il potere della femmina avrebbe avuto il sopravvento è
sempre così, per fortuna. Pranzo, abbondante, per essere in forma; riposino
pomeridiano, per essere in forma; bibitone a base di fegato-latte-verdure-tutto
frullato, per essere in forma (bah, puah!).
Arriva il
momento, lei tutta eccitata corre qua e là e poi si sdraia sul lettino da sole
per coordinare tutto il lavoro; prendo gli attrezzi e mi avvicino al
praticello; lo odio il praticello, ma devo ammettere che questo, oggi, mi
piace; inizio a tagliare e mi piace; formo e sformo in modo di creare il
disegnino programmato e mi piace; oso anche in qualche deviazione, su zone
vicine e mi piace; che l’italiano medio che è in me, stia venendo fuori? La
sola idea mi atterrisce ma.. mi piace. Dopo un’oretta di lavoro ho finito; mi
siedo stanco ma non troppo, per guardare insieme alla direttrice il lavoro. Venuto
è venuto bene bisogna ammetterlo, il piccolo delfino in rilievo si vede bene;
sono un artista, non credevo che in così poco spazio, riuscissi a fare un’opera
così; lei si alza in piedi, è contenta e soddisfatta, ed alla fine sono
soddisfatto anch’io.
Prende uno
specchio, lo avvicina al corpo mezza spanna sotto l’ombelico e guarda e
riguarda accarezzandolo quel piccolo delfino sul suo praticello.
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