La bottiglia d'a(varo), di Andrea Quadrani
Ogni volta che
partiva era ossessionato da quel gesto estremo che portava la ventura o la
sventura. Bisognava poi trovare la donna giusta che dispensasse quel gesto e
quella mancata bevuta; tutto era così dannatamente difficoltoso, ed in più gli
eventi precipitavano sempre in modo tale che bisognava correre e fare tutto di
fretta. Dannazione! Proprio lui che non solo era un amante, ma che nel medesimo
tempo pensava, giustamente direi, che soldi troppo spesi in quel modo non erano
impiegati bene. Bisognava trovare la giusta misura. E decidere, era più
importante il gesto, l’oggetto, la donna o il natante? Gli ultimi giorni prima
dell’evento la testa gli scoppiava per tutti quei pensieri. Era intrattabile.
Iracondo e sempre arrabbiato. Non vedeva l’ora di partire, di lasciarsi tutto
dietro per un paio di settimane. Poi tutto ricominciava, ricominciava senza
sosta. Arrivò finalmente il giorno. La mattina era stato chiamato dalla sua
socia che lo avvertiva della scelta della madrina; una sua collega rossa naturale
sempre vociante e petulante che non vedeva l’ora di entrare nell’albo d’oro
della società. Uff, non poteva sopportare le rosse. Ma così si sarebbe liberato
per sempre dall’ingombro di quella fastidiosa donnona. Infatti, una volta
compiuto il gesto, per tradizione, la stessa donna non poteva ricompierlo.
Adesso doveva trovare la bottiglia: non troppo costosa, altrimenti il gesto non
riusciva; non troppo a buon mercato sennò c’era la sfiga di mezzo e in mare la
superstizione è ovunque.
Davanti allo
scaffale della sua enoteca preferita, sotto casa era locata e quindi la
preferenza non era casuale, guardava e riguardava le bottiglie per trovare
quella adatta. Il vetro meno spesso possibile per andare in contro alla sorte.
Il liquido dentro accettabile per soddisfare il dio del mare. Caspita quante ce
ne sono, sembrano tutte uguali là schierate in attesa dell’acquirente che le
liberi dalla quotidianità e le porti in un posto diverso, qualsiasi, basta
lontano da lì. In questo caso che, le lanci, forse per loro poteva essere una
esperienza diversa e quindi nuova e quindi giusta. Scelta dai, senza star
troppo a pensarci, quella meno cara, più lucente, con una copertina dorata che
la faceva un po’ snob senza esserlo per niente, dato il costo. La ragazza lo
guardava in modo strano anche quando le chiese se poteva resistere ad urti
violenti e improvvisi. Forse no, la risposta. Bene bene pensai con lo sguardo
fisso della ragazza addosso. Perché vede, iniziai a spiegarle, era una ragazza
carina e dallo sguardo vispo meritava una spiegazione, questa bottiglia serve
per uno scopo preciso e non sarà quello canonico tradizionale. Dubbio nei suoi
occhi neri; le spiego meglio, serve che una donna e deve essere per forza una
donna, ah le tradizioni, prenda la bottiglia dalla parte sotto, che lei (la
bottiglia) è saldamente e senza cattiveria impiccata ad una lunga corda; la
lanci contro il natante predestinato e dopo un lungo sospiro dei presenti ed un
breve viaggio della bottiglia, colpisca la chiglia ed esplode. Ecco vede tutto
qui. C’è chi usa solo Champagne; ma poi va sprecato, perché spendere tanto per
un gesto così abitudinario? Via, ormai s’è deciso. Me la incarti e vado. Gli
occhi neri parvero aver capito, anche se sentiva certo un vago fastidio ad
averli ancora su di sé anche mentre usciva e poi dopo in strada. Girandosi notò
che gli occhi erano anche divertiti, anzi no, dileggianti. Chi se ne importa.
Andai dritto fino al bacino con un piccolo gruppo di ospiti in attesa della
bottiglia. Venne legata ad una piccola corda. Si diede in mano alla madrina
rosso fuoco, che la prese in mano con trepidazione e poi con forza
repentinamente, la lanciò contro la piccola nave. E, e, e, la colpì. Esplodendo
di gioia. Un altro varo riuscito. Un’altra nave per mar. un’altra vacanza per
me. Alla prossima bottiglia d’avaro!
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