Racconto di Natale Duemilaquattordici, di Andrea Quadrani
Lungo la bianca
strada lastricata di ghiaccio, con coltri abbondanti di neve a destra e a
sinistra, saettava veloce una macchina, bianca anch’essa. Si era ai primi
giorni di dicembre. Nevicava poco, e la neve fina fina, cercava di bloccare
l’avanzata della luce di un pallidissimo sole. All’interno del mezzo bianco
c’erano quattro persone. Una di loro aveva l’umore nero, contrastante a tutto
quel bianco. Contrastante anche del momento che si avvicinava: il periodo
natalizio. A ogni curva che passava, la distanza con Rovaniem aumentava; diminuiva
invece quella con il villaggio di Sinetta, posto un poco più a nord, proprio a
fianco del lago di Viiksjarvi.
Il viaggio fu breve e si arrivò presto al
centro di Sinetta, prendendo subito la strada per la foresta. Un paio di
chilometri e si arrivò. L’autista della macchina era un po’ nervoso. Tutto il
viaggio era stato fatto nel completo silenzio dei quattro passeggeri; neanche
la radio era stata accesa. La villa s’intravvide da lontano. Luci accese e fumo
bianco che usciva copioso dai numerosi comignoli. Il passeggero dal nero umore
si acquietò quando vide i primi particolari del suo luogo d’esilio. Ogni anno
uguale: umore nero e tranquillità. La macchina procedendo lentamente, con sassi
e neve ghiacciata che sfrigolavano sotto le ruote, arrivò fin davanti alla
residenza. Scesero tutti con lentezza e tre su quattro, scaricarono i bagagli
con una certa celerità. Il passeggero dal nero umore, non fece in tempo a
ringraziare ironicamente i suoi compagni di viaggio, per la compagnia, che la
macchina già sparì tra gli abeti imbiancati.
- Buon viaggio. - Bofonchiò a bassa
voce.
Il portone marrone e rosso si aprì e uno
gnomo vestito completamente di rosso con un buffo cappello blu sul capo, facendo
un grande inchino esclamò:
- Ben arrivato Pappo Natale, ben
arrivato anche quest’anno!
Rovaniem è il villaggio, anzi la città
oramai, dove vive e lavora Babbo Natale. Già dai primi giorni di novembre, le
varie attività fervono; le lettere iniziano ad arrivare da ogni parte del mondo
e il Babbo, con le miriadi di suoi aiutanti, avvia la complicata e gioiosa
macchina natalizia: la preparazione dei regali. Il culmine sarà il 24 dicembre,
quando, con slitta e renne, cavalcherà i cieli della terra per la consegna. Il
meccanismo è oliato. Ogni tanto qualche piccolo incidente capita, ma con un’organizzazione
di queste dimensioni, è ovvio che l’errore sia dietro l’angolo. Non tutti sanno
però che Babbo Natale ha un fratello gemello: Pappo Natale. È uguale in tutto
al suo più famoso fratello, anche nel carattere bonario; si adombra però, e chi
non farebbe altrettanto? Quando è mandato in esilio a Sinetta, per non confondere
i bambini, questa almeno è la spiegazione ufficiale.
In realtà è la sua totale mancanza di
spirito natalizio che lo fa ogni anno controvoglia emigrare. Il suo mangiare a
dismisura ogni genere di cibo, che gli cola sempre dalla bocca giocando a nascondino
nella barba bianca; il suo emettere aria trionfante, dalle due parti del corpo
che possono farlo; il suo circondarsi di gente ambigua di varie altezze o
regali difettosi, che lui adora come figli; come per esempio il suo esercito di
bambole-mignotte che lo seguono ad ogni
passo e il suo continuo rifiuto dello Spirito Natalizio, con annesso il
disgusto nei confronti dei bambini.
Così tempo fa, gli fu costruita la villa
a Sinetta, e lì rimane fino al 25 dicembre, poi si va a riprenderlo e lo si
riporta a Rovaniem.
Quest’anno però
si era stufato di tutto ciò, e aveva covato, ideato e realizzato, una tremenda
vendetta: era riuscito a truccare la macchina che smista le lettere dei
bambini, in modo che il regalo non corrispondesse al bambino e, se tutto andava
secondo i suoi piani, suo fratello e i suoi aiutanti, non sarebbero più
riusciti a riprendere la situazione, se nessuno si accorgeva di nulla fino al diciannove
di Dicembre. Da quella data in poi, il boicottaggio sarebbe stato
irreversibile. La macchina, infatti, era stata sabotata il giorno prima della
sua partenza con l’aiuto delle preziose bambole-mignotte, che avevano distratto
gli gnomi di guardia e compiuta l’illecita azione. Non restava che divertirsi e
aspettare il diciannove. Poi si sarebbe divertito lui. Eccome!
Nei giorni
seguenti Pappo Natale, si comportò nel suo solito modo. Le provviste per lui e
la parte della sua truppa che poteva mangiare, erano in sovrabbondanza. Come i
cumuli di regali avariati, che erano stati portati in villa, dalle allegre
fabbriche di Rovaniem. Ora poteva fare i suoi consueti cinque pasti durante il
giorno, e una corsetta d’attorno alla villa ogni tanto, non per dimagrire, ma
per farsi venire altra fame. E poi giochi e giochi a non finire: il bowling
contro bambole difettose; il baseball con i cellulari a mo’ di palla; i trenini
elettrici fatti deragliare; qualsiasi gioco in grado di muoversi o volare,
veniva indirizzato verso il grande camino acceso, e qui bruciava con rumori, e
odori, raccapriccianti. A Sinetta ormai in base al fumo che usciva dal camino,
si sapeva a che gioco stavano giocando all’interno. Il tempo passava perciò
bello lieto, a suo modo. Il tempo passava e ci si avvicinava al fatidico diciannove.
Pappo Natale non
poteva sapere però, che solo un’ora dopo l’attentato alla macchina delle
lettere, l’orrido piano era stato scoperto e Babbo Natale, nella sua Bontà
Natalizia, aveva perdonato subito gli gnomi piangenti che davanti a lui stavano
confessando cos’, era accaduto. Altro discorso era per suo fratello. Pappo
aveva questa volta superato davvero il limite. Doveva pagare e si doveva farlo
pagare in maniera esemplare, in maniera natalizia però. Babbo Natale e alcuni
suoi collaboratori si riunirono per decidere cosa fare. Pensa che ti ripensa,
la fatidica lampadina si accese! Babbo Natale si accordò con i presenti e,
sempre ai presenti, chiese di realizzarla per riuscire a continuare a lavorare
in normalità fino a Natale. Tutti lasciarono la sala ridacchiando.
I giorni
passarono in maniera diversa per i due Fratelli, uno affaccendato a smaltire
lettere e regali, l’altro a smaltire grassi e bambole mentre il conto alla
rovescia continuava.
Babbo Natale
lavorava più velocemente del previsto, perché la giornata del diciannove era
tutta dedicata allo sconsiderato fratello. Mentre Pappo Natale era nel dubbio
se passare la mitica giornata a Sinetta, facendosi raccontare gli eventi dalle
sue spie, oppure andare laggiù ad assistere di persona al disastro; decise di
stabilirlo la mattina stessa.
La giornata
tanto attesa arrivò e si aprì nel suo assoluto splendore di colori ed emozioni.
Babbo Natale era pronto e nella notte precedente aveva fissato e concordato gli
ultimi dettagli, svelato il tentativo di sabotaggio e il piano per
contrastarlo, agli gnomi, renne, elfi, fate, e decine, ora centinaia, di
bambini di tutti i colori, sia di pelle sia di vestiti. Questo sublime esercito
colorato, subito dopo l’alba, si diresse verso Sinetta, non percorrendo l’unica
strada, ma attraversando la Foresta Magica del Lago Viiksjarvi;
passando da lì, infatti, il terreno che era un continuo saliscendi, si sentiva sotto
i piedi, sempre in leggera discesa e il tempo di arrivo così si accorciava di
molto. Arrivarono poco prima di mezzogiorno, Pappo, infatti,
era metodico e poco propenso ai cambiamenti. Non c’erano dubbi di poterlo
sorprendere; lui intanto era alle prese con la merenda di mezza mattina e aveva
deciso di restare là in attesa di notizie. Sarebbe uscito solo verso mezzodì appunto,
per la sua solita passeggiata.
Il cielo azzurro
pallido, l’aria fresca e pulita, un leggero venticello, la neve fresca che
copriva in abbondanza ogni cosa, il muschio congelato, minuscoli cristalli di
neve che volavano a mezz’aria e lo spiazzo di fronte alla villa di Pappo. Il
silenzio assoluto avvolgeva ogni cosa. Troppo silenzio. Pappo non ci fece caso;
pensò invece ad andare al centro dello spiazzo dove s’intravedeva un oggetto
strano; quando ci fu quasi sopra si accorse cos’era: due rami di abete
intrecciati. Si chinò, con non poca difficoltà, e ne prese uno tra le dita
guantate di rosso e bianco, si rialzò; era il segnale
Puff, smart,
tac, pac, gnuff, litt,
wash …
Da dietro tutti
gli alberi attorno allo spiazzo, dall’alto, da dietro la villa, dappertutto, si
palesarono decine di esseri colorati che, quasi nello stesso istante, bersagliarono
Pappo con una nuvola di palle di neve di ogni dimensione: alcune avevano dentro
pezzi di ghiaccio, alcune pezzi di giocattoli, alcune mattoncini di plastica
colorati.
Erano così fitti
i lanci, che per la sorpresa e lo spavento, Pappo prima cadde, poi si riprese e
a quattro zampe cercò di arrivare alla casa, anche se intravide che il portone
era stato chiuso. Circondato. Totalmente. Cercò di reagire, lanciando a caso
qua e là qualche palla; era una lotta impari. Sopraffatto, sentiva addirittura
dolori in ogni parte del corpo; cosa avevano messo dentro a quelle dannate
palle, cemento? Poi in un momento, tutto si placò; per esaurimento di munizioni
pensò Pappo, in realtà suo fratello aveva alzato il braccio e bloccato il
lancio multiplo. Poteva bastare, anzi no. Si fece rialzare il fratello e lo
posero a sedere sulla neve; era talmente scioccato, che non riusciva a
proferire parola e aveva un sorriso ebete sul volto; fu circondato da un
turbinio di bambini colorati e gli fu fatta una bella foto natalizia, con tanto
di renne sullo sfondo; quando lo lasciarono, svenne.
Si svegliò tutto
intorpidito. Le ossa e anzi, tutto il corpo, erano frastagliate di dolori e
tracce blu; la testa gli girava, ma non come al solito perché beveva troppa
birra, era tutto un altro girare; si tirò un poco su con il busto e constatò di
essere nella sua camera, a casa a Rovaniem. Pian piano i neuroni iniziarono a
rincorrersi e i ricordi apparvero nitidi nella sua mente. Si girò un poco a destra,
dove c’erano orologio e calendario: mezzogiorno del 26 dicembre. Era tutto
passato; era stato tradito; era … per un piccolo attimo odiò suo fratello e
girandosi alla sua sinistra, su un cavalletto di legno, era stata posta, la
foto colorata di lui con i bambini; bleah, che oscenità; si distese di nuovo, e
contemplando il soffitto di legno, il sorriso apparve lentamente sul suo viso.
Non era un sorriso bonario; il suo pensiero correva e correva pensando a tutto il
tempo che aveva per tramare la sua vendetta.
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