Feisbuk - di Andrea Quadrani

Gli occhi mi si chiudono, un po’ per il sonno e un po’ per il guardare lo schermo vitreo, che trasmette a me e al mondo, di continuo, storie millenarie, foto e lavori, visi e pensieri di volti conosciuti e sconosciuti.
Vite vissute all’interno di un sistema che si occupa esclusivamente di te. Che vuol sapere ogni cosa di te. Che ama solamente te. Questo è quello che sto pensando adesso in questa notte molto buia su feisbuk.  
Non è una contestazione.  
Anch’io sono qui e da che mondo è mondo, andrebbe bene assumersi le proprie responsabilità. Discrimino un sistema del quale faccio parte e dal quale vorrei qualcosa ogni giorno; il problema è che non so cosa volere.  
Che siano riusciti a entrare nella mia testa? Che sia davvero finito il periodo dei pensieri liberi? Dei rapporti liberi con le persone, se non negli incontri, almeno nelle telefonate? Mi pare di sentirmi sempre più perso in questo mare.
La mia barca ha le vele irrigidite dai ‘mi piace’ e dagli inviti ai giochi e dalle foto e da tutto quello che scorre anche adesso ora qui dinanzi ai miei occhi. Scorre tutto verso il basso, come le esistenze terrene di tutti. Lentamente scendiamo. Non è però una discesa negativa, è soltanto una parte della vita che si compie, che si vive appunto.
Forse feisbuk ne è la prova onlain. 
La prova di come una completa società con tutte le sue faccende, possa essere traslata in un universo parallelo, dove moltissimi di noi è connesso con parecchie altre anime in giro per la Terra. 
Una rivoluzione. 
Una droga. 
Un’assuefazione. 
Lo schermo del computer, luminoso come può esserlo una stella lontana, è così la prova che esistiamo. Il passaggio in avanti del ‘cogito ergo sum’. Molti suppongono di non esserne assuefatti. Può darsi di sì come di no, come molte situazioni del resto. 
Molti ne escono con le scuse più strane poi, però li vedi tornare dopo qualche tempo: figlioli prodighi alla casa della loro mente. 
Molti ci restano, e vigilano sul loro mondo senza apparire mai, intanto però controllano. 
Molti lo usano come valvola di sfogo. 
Molti come vetrina per loro stessi o il loro lavoro o i loro passatempi. 
Molti per cercare l’anima gemella. 
Si trovano pagine di razzisti, di nazisti, di violenze sull’uomo o sugli animali. Gruppi per qualsiasi idea possa venire a qualunque persona. Tutto. Tutto dentro o dietro meglio ancora, uno schermo. 
Chi entra in feisbuk e inneggi alla propria privacy, è meglio che ne esca al più presto. Semplicemente perché non c’è. Che vada bene, che vada male? A chi frega alla fine, visto il numero incredibile di utenti rapportati agli abitanti della Terra; anche a quelli nelle nazioni più povere, che muoiono proprio per estrarre il minerale che serve a costruire molte parti dei nostri computer ed elettronica varia. Così il cerchio si chiude. Il tremendo cerchio che muove il tutto e che forma un risucchio dove entriamo tutti in un modo o nell’altro. 
Guardo ancora per qualche secondo lo schermo. Poi inizio le operazioni di scollegamento dalla rete e spegnimento del computer. 
Mi alzo e vado in terrazza. Il cielo è nero come molte anime, come forse anche la mia adesso. 
Le stelle però ci sono. Si vedono brillare all’interno delle molte finestre che mi circondano.


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